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Fermare la produzione di armi per fermare la guerra

La produzione di armi, come certifica l’annuario dello SIPRI, ha avuto nel 2023, anche a causa della guerra in Ucraina, un incremento esponenziale che deve far riflettere

Nel 1963, di fronte all’escalation nella produzione di armi, soprattutto quelle nucleari, l’enciclica Pacem in Terris ammoniva che «giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti» (n. 30). Da allora sono passati sei decenni, ma niente pare essere cambiato. Lo confermano due recenti documenti della Global Alliance for Banking on Values (GABV) e dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI).
Il primo, dal titolo “Finanza per la guerra. Finanza per la pace”, è stato presentato nell’ambito della riunione che l’alleanza mondiale delle 71 banche “etiche” ha tenuto alla fine di febbraio prima a Milano e poi a Padova. In quell’occasione, è stato fatto notare che le istituzioni finanziare globali, in soli due anni, hanno utilizzato quasi 1.000 miliardi di dollari per sostenere la produzione e il commercio di armi.
Il secondo documento è invece l’annuario del 2024 dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), un istituto internazionale indipendente, fondato nel 1966, che si occupa di ricerca nell’ambito dei conflitti e del controllo degli armamenti. Nel report, l’istituto svedese ha comprovato come, in Europa, ma anche in alcuni paesi asiatici come il Giappone e la Corea del Sud, si sia registrato un forte aumento nelle importazioni di armi. Tale incremento è essenzialmente connesso all’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022. Quest’ultima, difatti, è il più grande importatore europeo di armi e il quarto al mondo. Tra i paesi che le esportano, invece, chi la fa da padrone sono gli Stati Uniti, che conservano il loro ruolo primario come fornitori di armamenti. Per quanto riguarda il contesto europeo il principale paese che esporta armamenti risulta essere la Francia.
Di fronte a questa nuova corsa collettiva al riarmo, Papa Francesco, nell’Angelus del 3 marzo 2024, ha ribadito che “Il disarmo è un obbligo morale”. Nell’occasione, anche in previsione del 5 marzo, Giornata internazionale per la consapevolezza sul disarmo e la non proliferazione delle armi, il pontefice ha voluto mettere l’accento su quanto siano ingenti le risorse che vengono sprecate per le spese militari. Nella consapevolezza che esse nascono dal timore del nemico, Bergoglio ha appunto rivolto un invito affinché diventi possibile passare dall’equilibrio della paura all’equilibrio della fiducia. Sollecito già presente, oltretutto, nel suo discorso del primo gennaio in occasione della Giornata mondiale della Pace, dove aveva ribadito che essa non è tanto una condizione politica o sociale, quanto un principio attivo che si radica nel cuore di ogni individuo.

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