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MAGIS Cultura “Fratelli tutti” e filosofia Ubuntu
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“Fratelli tutti” e filosofia Ubuntu

Filosofia Ubuntu

«Umuntu ngumuntu ngabantu». Questo detto esiste in varie forme nelle lingue bantu dell’Africa meridionale e può essere tradotto così: «Una persona è una persona attraverso le altre persone» oppure «Io sono perché noi siamo».

Colpisce il fatto che l’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco contenga qualcosa di simile: «Ognuno è pienamente persona quando appartiene a un popolo, e al tempo stesso non c’è vero popolo senza rispetto per il volto di ogni persona» (182). In altre parole, noi siamo «tutti fratelli e sorelle» (8).

Francesco cita, tra gli altri, l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu come un’ispirazione per la sua enciclica (286). Tutu è il principale sostenitore dell’Ubuntu, la filosofia umanista africana basata su una cultura di condivisione, apertura, mutua dipendenza, dialogo e incontro interpersonale. Nella visione Ubuntu, l’esistenza umana raggiunge il suo massimo grado quando fa parte di un tutto, la società cresce sulla base di un’umanità comune, e il perdono e la riconciliazione sono prerequisiti per preservare l’armonia sociale.

Fraternità e amicizia sociale, le idee-gemelle di Francesco, sottolineano l’urgenza della visione Ubuntu nel nostro contesto attuale, nel quale il tessuto dell’umanità è strappato da conflitti atavici, divisioni ideologiche, paranoie isolazioniste e polarizzazioni politiche che impongono un pedaggio catastrofico al debole e al vulnerabile (18-19).

Senza un orizzonte unitario e comune, la nostra ancestrale paura degli altri ci porta a costruire muri (nn. 26-27, 37, 41), perché indebolisce la nostra appartenenza a una famiglia comune e fa evaporare il nostro sogno di uno scopo comune (30). Siamo già insieme (35), da ciò deriva l’imperativo di costruire una comunità di solidarietà e di appartenenza.

«Le montagne non si incontrano, lo fanno le persone» afferma un proverbio swahili. Una premessa fondativa della visione Ubuntu riconosce la centralità dell’incontro con l’altro. Per Francesco la fraternità riposa su una cultura di autentici incontri la cui precondizione è la creativa apertura all’altro (50).

La mutua apertura, purtroppo, è messa in pericolo da una comunicazione digitale resa tossica che si trasforma in aggressione sociale, violenza verbale e miopia ideologica. Il risultato è un corto circuito virtuale connesso a una paura condivisa e dall’odio per gli altri (42-46).

Francesco propone un nuovo cammino verso una cultura della fraternità fondata su un «incontro di misericordia» (83). Commentando la parabola del buon samaritano, egli sottolinea la responsabilità dell’amore per gli altri basata sulla nostra condivisione Ubuntu. In questo modo l’amore costruisce una fraternità universale oltre le considerazioni particolari di status, genere, origine e luogo (107, 121). La fraternità universale comporta sofferenza e richiede tempo (48, 63) per creare un nuovo legame di solidarietà che si prende cura della vulnerabilità e della fragilità degli altri (66-69, 115). Francesco paragona questa comunità a una realtà poliedricamente composta, non a una monade isolata (111, 143-5), ovvero «un “noi” che è più forte della somma di piccole individualità» (78).

Questa realtà esemplifica in maniera eccellente la visione Ubuntu, perché essa è cementata da un amore sociale inclusivo che trascende barriere, interessi e pregiudizi (83).

Per Francesco la radicale mutualità dell’Ubuntu è raggiungibile tramite un amore senza confini che trasforma l’umanità in una comunità di vicini senza confini. Come la filosofia Ubuntu, Francesco propone un premio sociale basato su diritti e doveri collegati alla relazionalità dell’essere umano, la cui manifestazione più profonda è l’abilità di trascendere il sé e creare una solidarietà di servizio agli altri (87, 88, 111).

L’amore sociale di Francesco va oltre l’immediata gentilezza da buon vicinato; esso è espansivo e arricchisce la vita e l’esistenza degli altri. Questo tipo di amore si manifesta come ospitalità, perché esso accoglie e valorizza gli altri per quello che sono (90-93), riconosce ogni persona umana come un «forestiero esistenziale» con un richiamo morale incontrovertibile alla nostra presa in carico (97).

Questo amore espansivo forma la base per un’amicizia sociale inclusiva e una fraternità senza confini (94, 99). Lungi dall’essere un livellamento delle differenze o un «falso universalismo» privo di diversità (100), o peggio ancora un gruppo chiuso di «associati» che la pensano allo stesso modo, la fraternità, unita con la libertà e l’uguaglianza, offre un forte antidoto al virus dell’individualismo (105).

Se «io sono perché noi siamo», allora la vera fraternità non lascia indietro nessuno (108), perché noi siamo salvati insieme e siamo responsabili della vita di tutti (137).

«Se la casa del mio vicino è in fiamme, io non posso dormire tranquillo» recita un altro proverbio africano. Nello spirito della visione Ubuntu, la fraternità autentica rifugge un «narcisismo localistico» che restringe il pensiero e il cuore (146, 147). La fraternità autentica crea una famiglia di nazioni, basata sull’ospitalità e la gratuità (139, 141), riconosce i diritti di tutti i popoli, comunità e gruppi nella sfera privata e sociale (118, 124, 126).

Nella visione morale di Francesco, la cartina di tornasole dell’autentica fraternità è se essa accoglie, protegge, promuove e integra i migranti i quali arrivano a noi non come un fastidio o un peso, ma come un dono e una benedizione (129, 133).

Fratelli tutti sottolinea diverse tematiche della politiche che riguardano l’Africa, dove gli attuali e predominanti modelli di impegno politico non sono all’altezza dell’ideale di politica di Francesco, che è quello di una vocazione alla carità.

Consideriamo, per esempio, le varie patologie della politica e dell’economia nel mondo globale di oggi, come il populismo, il nazionalismo, il liberismo e il neoliberismo. Tra la miopia del populismo, il riduzionismo che il liberismo compie della società, ridotta a somma di interessi individuali (163), e l’egemonia del mercato secondo il neoliberismo (168), il costo e le ferite della nostra attuale situazione economica politica ed economica sono incalcolabili.

Nel 2009 il secondo Sinodo africano affermava in maniera categorica che «l’Africa ha bisogno di santi in rilevanti uffici politici: politici santi…». Il Sinodo aveva parole taglienti per i politici cattolici che non erano all’altezza di questo ideale. Affermava: «Molti cattolici in posizioni di prestigio deplorevolmente non hanno corrisposto adeguatamente all’esercizio delle loro cariche. Il Sinodo invita tali persone a pentirsi o a lasciare la pubblica arena e così cessare di causare rovina al popolo e dare cattiva fama alla Chiesa Cattolica».

Papa Francesco avrebbe potuto usare le stesse parole in Fratelli tutti. Per molte persone, la politica assomiglia a un «gioco sporco». Anche la parola stessa è diventata «brutta», afferma Papa Francesco (176), per molte ragioni.

Per prima cosa, la politica attuale soddisfa i bisogni e gli interessi delle élite e delle classi privilegiate ed esclude i poveri e i deboli (155). In secondo luogo la politica svuota la parola «popolo» del suo significato (157, 160). Come nella filosofia Ubuntu, «popolo» — ci dice Francesco — ha un significato più profondo e mistico: è una parola dinamica, aperta, diversa e aperta alla differenza — «popolo» non è solo una categoria logica o commerciale (158, 160, 163). In terza battuta, la politica è diventata un modo per appropriarsi delle risorse pubbliche e uno strumento affinché certi autocrati possano restare in posizioni di potere. Questo tipo di predazione politica si trasforma in violenza quando la concupiscenza o l’egoismo diventano un principio prioritario. In altre parole, la politica diventa un modo per soddisfare la preoccupazione «del proprio io, del proprio gruppo, dei propri interessi meschini» (166) e così le persone diventano oggetti utili e utilizzabili nel rabbioso perseguimento del potere.

Papa Francesco afferma che abbiamo bisogno di nuovi modelli di politica nel mondo. Abbiamo bisogno di una politica con un cuore: una sana politica, «la miglior politica» (154, 177, 179). Il modello che Francesco propone offre un’opzione nuova e differente fondata sulla carità (180, 186).

La politica che è animata dalla carità serve il bene comune e non gli interessi individuali (180); lavora per procurare una vita degna a tutti i cittadini tramite il lavoro (162); cerca «vie di costruzione di comunità nei diversi livelli della vita sociale » (182); offre concerete soluzioni di fronte ai bisogni urgenti (183-4); elimina le condizioni sociali che causano sofferenza (186); mostra un’opzione preferenziale per «gli ultimi» (187); affronta tutte quelle situazioni che minacciano o violano i diritti umani fondamentali (188); elimina la fame e la povertà (189, 192); mette fine al traffico di esseri umani (190) e diffonde i diritti umani fondamentali (172).

Tutto questo non è vuota retorica o utopia (190). Può diventare una realtà in Africa e nel mondo se la politica viene fatta da persone che amano, non solo da quelli che bramano il potere (193, 195) — in altre parole, persone che il Sinodo africano chiama «politici santi». Questo tipo di uomini politici non sacrificano il popolo per interessi e tornaconti personali, ma «creano spazio per ciascuno», costruiscono un mondo dove «ognuno ha il suo posto» (190) e le persone sono riconosciute come «fratelli e sorelle».

In questo contesto la fraternità universale e l’amicizia sociale collegano il locale e il globale in una relazione mutualmente benefica (142). L’ancoraggio culturale presume apertura all’incontro con l’altro, sia esso un popolo, una cultura o un Paese. L’ospitalità culturale genera comunione e mutua dipendenza tra le nazioni (146-9).

Oltre a incontro, un altro sinonimo di Ubuntu è dialogo. Il dialogo promuove l’amicizia sociale, perché esso rispetta le differenze di opinioni e di punti di vista. Il dialogo è aperto agli altri, riconosce la nostra appartenenza condivisa ed è animato dalla comune ricerca della verità, dal bene comune e dal servizio ai poveri (205, 230). Su questo poggia la possibilità della pace basata sulla verità (228).

Questa cultura del dialogo e dell’incontro trascende le differenze e le divisioni; è inclusiva di ogni prospettiva e offre nuove possibilità e processi di stili di vita, organizzazioni sociali e incontro (215-217; 231). In quanto forma di gentilezza, l’amicizia sociale ha una preferenza per l’amore del povero, del vulnerabile e dell’ultimo (224, 233, 235).

Come ho avuto modo di citare sopra, la prospettiva Ubuntu privilegia il perdono e la riconciliazione, specialmente quando il misfatto ha rovinato l’armonia sociale. Francesco concorda: l’amicizia sociale valorizza il perdono e la riconciliazione, non come meccanismi per dimenticare o condonare ingiustizie e oppressioni, ma come modi per risolvere il conflitto tramite il dialogo (241, 244, 246, 251). Come Desmond Tutu ha affermato, il perseguimento della giustizia «non ha futuro senza perdono» (cfr. 250, 252).

In definitiva, Fratelli tutti si pone in consonanza con i valori e i principi della filosofia Ubuntu.

 

Articolo scritto di padre Agbonkhianmeghe E. Orobator SJ, teologo nigeriano e Presidente della Jesuit Conference of Africa e Madagascar, tratto dall’Osservatore Romano ottobre 2020.

 

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