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MAGIS Notizie GAZA: La Speranza di un Dialogo contro l’egoismo e l’avidità
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GAZA: La Speranza di un Dialogo contro l’egoismo e l’avidità

Dialogare per non confliggere, Artisti Oltre i Confini

Tre opere, un unico sguardo sulla dignità umana nel cuore della distruzione

Tre opere, tre linguaggi, tre visioni differenti e convergenti su un unico tema: la necessità urgente di vedere, sentire, agire. Di fronte al dolore, alla guerra, alla disumanizzazione, l’arte diventa gesto di resistenza, testimonianza, invito al dialogo.

Il progetto collettivo “Dialogare per non confliggere” nasce dall’urgenza di dare forma a un grido che attraversa i confini. L’opera corale firmata da Artisti Oltre i Confini (Claudia Bellocchi, Elisabetta Bertulli, Luigi M. Bruno, Eleonora Del Brocco, Giacomo La Commare, Gianleonardo Latini, Alessandra Parisi, Daniela Passi) prende le mosse da un’immagine reale e struggente giunta da Gaza dopo il 7 ottobre: un abbraccio tra uomini devastati dal dolore. Intorno a questa scena si sviluppa una composizione poetica e simbolica fatta di contrasti: il corvo e l’angelo, le mani diverse che si incontrano, le madri che proteggono, le rovine e la musica, la distruzione e la resilienza. L’opera invita a superare l’impulso alla violenza per costruire possibilità di riconciliazione, tenendo viva la memoria e la coscienza.

Il cielo di Gaza, Claudia Bellocchi

A questo racconto corale si affianca “Il Cielo di Gaza” di Claudia Bellocchi, una tela astratta e materica che esplora, in un potente gioco visivo di ambivalenze, la tensione tra luce e ombra, speranza e devastazione. Un’esplosione può sembrare un fiore, un sole può rivelarsi una bomba: tutto è doppio, tutto è fragile. La composizione si muove tra espansione e chiusura, tra il dinamismo caldo della creazione e le linee nere della distruzione. È un cielo ferito, eppure ancora pulsante: un invito a non distogliere lo sguardo, a cercare senso anche nel caos.

Guardate, Daniela Passi

Chiude il trittico “Guardate” di Daniela Passi, un foto-collage su tavolette di legno, in bianco e nero, che porta al centro della scena una madre con un bambino tra le macerie. L’immagine è frammentata, fisicamente spezzata in riquadri che riflettono la disgregazione del tessuto umano e urbano. Attorno, una zip cucita perimetralmente evoca una ferita da richiudere o una realtà da riaprire allo sguardo. È una riflessione potente e asciutta sulla responsabilità dello spettatore: chi può permettersi di guardare o voltarsi dall’altra parte?

Insieme, queste tre opere pongono domande urgenti: possiamo ancora permetterci il silenzio? Possiamo restare spettatori? L’arte, qui, è voce che attraversa le macerie. È memoria attiva, coscienza collettiva, tentativo ostinato di immaginare una via diversa dalla distruzione.

Artisti Oltre i Confini

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