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MAGIS Notizie La situazione dei migranti haitiani
Haiti,

La situazione dei migranti haitiani

Il dramma di Haiti nelle parole di un gesuita missionario

Haiti sta vivendo un momento altamente drammatico, il peggiore delle ultime decadi, insieme al tragico terremoto del 12 gennaio 2010. Dall’assassinio dell’ultimo Presidente haitiano Jovenel Moïse, avvenuto il 7 luglio 2021, Haiti infatti non ha un Presidente in carica. Il paese è allo sbando: le turbolenze politiche e le condizioni economiche devastanti hanno contribuito all’insorgere delle bande armate, che controllano circa l’80% della capitale e altre zone del Paese. Queste bande sono finanziate da alcuni politici o oligarchi haitiani corrotti che forniscono armi per avere il potere nel Paese, incutendo terrore. La fame nel Paese è un’altra conseguenza drammatica di questo degenero e del fatto che ad Haiti il lavoro è per molti inesistente e impossibile da trovare. Si stima che in questo momento 5 milioni di haitiani, degli 11 totali, soffrano malnutrizione e scarsezza di alimenti. Proprio per questi ed altri motivi molti decidono di migrare nella vicina Repubblica Dominicana. Purtroppo ad accoglierli non vi è però una situazione facile: in questo momento i soldati dominicani stanno attuando deportazioni massive per riportare gli haitiani ad Haiti. Molte di queste vengono effettuate all’insegna della violenza e abusando delle stesse leggi migratorie dominicane. È abbastanza noto il fatto che storicamente non vi sia simpatia tra i due Stati che si contendono l’isola Hispaniola e che sia diffuso un sentimento razziale nei confronti degli haitiani. Nonostante questo molti abitanti di Haiti decidono di andare in Repubblica Dominicana per cercare lavoro, disposti a fare quello che nessuno vuole fare. Nel fare questo subiscono spesso abusi ma qualcosa li fa andare avanti comunque, questo è possibile capirlo solo conoscendo bene il loro contesto d’origine, quello di Haiti. È possibile capire questa dinamica a fondo solo conoscendo cosa significhi per loro la parola “normalità”.

Incontrandoli ci si rende conto che sono persone abituate a vivere cose e sopportare pesi che per noi non sono assolutamente normali. Nella zona nord ovest della Repubblica Dominicana di confine con Haiti incontro personalmente molte persone haitiane, con loro stiamo svolgendo alcuni progetti per mezzo del Centro Montalvo cercando di dare loro un po’ di sollievo e appoggio. Fra questi stiamo dando cibo e acqua ai deportati che vengono portati coi camion della migrazione sulla frontiera, affamati ed assetati. Alcune persone non mangiano o non bevono da due o tre giorni. Stiamo intervenendo anche con un progetto pastorale, finanziato dalla Fondazione MAGIS, dove forniamo alcuni sussidi e una formazione per mezzo della quale li aiutiamo a conoscere i loro diritti umani e ad inserirsi nella Chiesa locale. Stiamo avanzando anche pratiche di rinnovo di alcuni documenti e facilitando altre azioni sociali, per sostenerli.

A livello sinodale penso che ci sia molto lavoro da fare perché non si sta rispondendo sufficientemente alla chiamata di stare vicini agli ultimi, in questo caso agli haitiani, tranne in qualche raro caso. Penso che siamo chiamati ad un cammino dove è importante lasciarci interpellare ed evangelizzare dagli scartati e dagli ultimi della società. Penso che il migrante sia una persona che spesso disturba, perché porta con sé una cultura differente, ma è proprio uscendo da sé stessi che si può incontrare Cristo presente nella storia delle persone. Il migrante molte volte è portatore di un messaggio evangelico che troppo spesso rifiutiamo di accogliere ed ascoltare.

di Marco Garbari SJ

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