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MAGIS Notizie Le parole del processo sinodale: Partecipazione
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Le parole del processo sinodale: Partecipazione

Ogni battezzato è sacerdote, profeta e re. Nella Chiesa, però, questa fede non si è sempre tradotta e concretizzata in una effettiva partecipazione del laico alle cose sacre. Volendo utilizzare un linguaggio maggiormente teologico, c’è sempre stata una sistematica esclusione dei fedeli laici dalla triplice potestà del munus sanctificandi, munus docendi e munus regendi. Tra le varie questioni che sono in agenda nel Sinodo, c’è appunto una riconsiderazione su questo stato di fatto che è oramai consolidato da secoli. La riunione sinodale, in altre parole, è chiamata a valutare se, e in che modo, i laici possano partecipare a quella che viene chiamata la sacra potestas. Per spiegare come mai, nell’apparato ecclesiale, si è arrivati all’esclusione della partecipazione del laico dalle funzioni di comando, insegnamento e santificazione, occorre fare un excursus storico. Questa estromissione nasce, a ben vedere, da una logica teologica introdotta già da papa Gelasio nel quinto secolo, per cui ci sarebbero solo due generi di cristiani: i chierici – poi definiti “eletti” – che si occupano delle cose spirituali, e i laici – poi definiti “non-eletti” – che si
occupano invece delle cose terrene.
Tale differenziazione ha poi trovato una strutturazione ulteriore nel corso del tempo, in virtù di circostanze sia storiche che teologiche. Per quanto riguarda le circostanze storiche, va ricordato che già nell’antica Roma era presente una distinzione tra l’ordinatio, attraverso la quale venivano nominati i funzionari civili, e il popolo comune privo di funzioni specifiche. Una volta ambientatasi nella cultura romana, quindi, la Chiesa avrebbe assunto e adattato alle proprie esigenze la struttura tipica dell’impero, facendo appunto una distinzione tra gli ordinati e i laici. Sempre su un piano storico, però, ha esercitato una grande influenza anche la lotta per le investiture. Gregorio VII, infatti, reagì alle ingerenze del potere temporale, creando una Chiesa a struttura piramidale e gerarchica, poi rafforzata dal decreto di Graziano, in virtù del quale i laici non avevano il diritto di intervenire nelle questioni ecclesiastiche.
A livello maggiormente teologico e spirituale, un passaggio fondamentale è stato l’associazione dell’ordinazione al sacramento. Decisivo, a questo riguardo, è stato il contributo di Pietro Lombardo e i successivi commenti di Tommaso alle sue sentenze. È attraverso un tale cammino teologico che l’ordinazione sacerdotale ha finito col coincidere con l’ingresso in un ordo che comporta l’assunzione di determinati gradi che danno adito ad una distinzione qualitativamente superiore ed elevata rispetto
al laico. Questa diversificazione teologica tra ordo – il clero – e plebs – i battezzati comuni – venne corroborata anche da delle convinzioni spirituali, giacché venivano considerati “perfetti” soltanto i primi che vivevano i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza e non i secondi, la cui vita spirituale era incentrata solo sui comandamenti.
Se i laici non hanno una piena partecipazione alla vita della Chiesa, è in virtù della distinzione storica e teologica brevemente richiamata, la quale si è trascinata per secoli fino al Concilio Vaticano II.
Quest’ultimo, nel tentativo di alleggerirla, ha cercato di valorizzare, con Lumen Gentium, l’uguaglianza battesimale, i ministeri e la comunionalità. L’assise conciliare, però, pur ripensandoli, non ha operato modifiche sostanziali sugli stati ecclesiali. Essa, inoltre, ha prodotto una teologia del laicato che vari
ecclesiologi hanno affermato non essere veramente liberante e risolutiva per la condizione laicale. Se da un lato, infatti, valorizzava il laico, dall’altro lo relegava all’ambito secolare. Significativo, al riguardo, è Lumen Gentium 10 dove viene fatta una distinzione tra sacerdozio comune o regale e sacerdozio ministeriale o gerarchico. L’attuale processo sinodale, in sintesi, dovrà farsi carico di questa storia teologica, cercando di stabilire quale debba essere la partecipazione e il ruolo ecclesiale del laico nella Chiesa del terzo millennio.

di Paolo Trianni

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