Gesuiti
Fondazione Magis ets
Opera missionaria della Provincia Euro-Mediterranea dei gesuiti
MAGIS Diritti fondamentali Miniere d’oro e diritti umani
Colombia,

Miniere d’oro e diritti umani

Il 18 e 19 novembre scorsi si è svolto a Bruxelles un incontro sulle miniere d’oro in Colombia e sul regolamento UE sui minerali di conflitto. Ad esso hanno partecipato rappresentanti della rete dei gesuiti Justice in Mining, sostenuta anche dal Magis.

Nell’ambito dell’attività promossa dalla rete Justice in Mining a favore della tutela dell’ambiente e dei diritti umani delle comunità locali colpite dalle attività minerarie, ALBOAN e di CINEP/PPP (Centro de Investigación y Educación Popular / Programa por la Paz – Centro sociale dei gesuiti in Colombia) hanno partecipato a Bruxelles, il 18 e 19 novembre scorsi, ad un evento dedicato alle miniere d’oro in Colombia e al regolamento UE sui minerali di conflitto. All’incontro hanno preso parte esponenti del Parlamento europeo, dell’ambasciata colombiana, dell’Ufficio dei servizi esterni dell’UE e dell’OCSE, oltre a diverse organizzazioni della società civile sia europee che colombiane.

Finalmente, nel 2021 entrerà in vigore il regolamento UE sull’approvvigionamento responsabile dei minerali provenienti dalle zone di conflitto. Esso mira a prevenire i rischi legati a situazioni di conflitto, come lo sfruttamento dei bambini, il lavoro forzato, la prostituzione forzata e il finanziamento di gruppi armati nel contesto dell’estrazione e della commercializzazione di quattro minerali (stagno, tungsteno, tantalio e oro). Anche se si tratta di un passo importante, il regolamento non copre altri rischi quali la distruzione ambientale, la contaminazione delle fonti d’acqua, lo spostamento forzato e l’assunzione illegale di forze di pubblica sicurezza, la violazione dei diritti dei minatori artigianali e delle popolazioni indigene.

Contesto

In Colombia l’estrazione mineraria ancestrale è criminalizzata ed emarginata, mentre aumentano le concessioni per l’estrazione su larga scala, che causa gravi danni ambientali, mette a rischio i diritti umani e contribuisce ad aggravare le tensioni sociali. La politica dell’ultimo decennio ha escluso le comunità locali dall’accesso alle risorse della terra, favorendo gli investitori privati, in particolare le multinazionali straniere. Si sono intensificati i conflitti sociali legati all’attività estrattiva e si sono verificate gravi violazioni dei diritti umani, con l’assassinio di numerosi leader sociali, attivisti ambientali e difensori dei diritti umani. Per proteggere l’attività delle multinazionali, sono stati creati veri e propri battaglioni e sono stati stretti accordi tra queste imprese e le forze di pubblica sicurezza.

I minatori artigianali delle regioni produttrici di oro non sono riconosciuti a livello politico e la legislazione osteggia la formalizzazione delle loro attività. Di conseguenza, essendo considerati produttori illegali o criminali, vengono perseguiti da polizia e militari e i loro macchinari vengono distrutti. Recenti studi sugli impatti ambientali dell’estrazione mineraria hanno evidenziato gravi danni sugli ecosistemi, come la contaminazione da mercurio e la scomparsa delle zone umide con conseguente distruzione della flora e della fauna. Tutto ciò si ripercuote sulla vita della popolazione locale e viola il diritto alla terra e al lavoro. Infatti, diverse comunità che abitavano le zone umide fluviali sono state spostate al momento dell’arrivo dell’azienda, l’inquinamento dell’acqua derivante dalle attività minerarie ha reso impossibile la pesca mentre gli agricoltori non sono più in grado di coltivare i terreni un tempo molto fertili.

Vari gruppi neoparamilitari, l’ELN e i dissidenti delle ex FARC traggono beneficio dalle attività minerarie illegali e dal commercio dell’oro, nella maggior parte dei casi estorcendo i piccoli produttori o controllando il mercato. Da parte loro, molti commercianti e grandi raffinerie internazionali esportano il minerale senza attuare strategie di due diligence, ignorando cioè l’origine dell’oro e il suo legame con le violazioni dei diritti umani nei territori di estrazione, o interferendo nei casi oggetto di indagine e partecipando al riciclaggio dei beni.

Sebbene il Codice minerario sancisca il diritto dei gruppi etnici alla consultazione preventiva riguardo ai progetti minerari e altre attività sui loro territori – diritto mirante a proteggere l’integrità culturale, sociale ed economica di queste comunità, nonché il loro diritto alla partecipazione – in realtà il processo decisionale è gestito dalle imprese e dallo Stato senza tener conto delle esigenze delle comunità e del loro diritto all’autodeterminazione.  

Raccomandazioni

L’attuale normativa europea e internazionale non è abbastanza efficace per tutelare i diritti umani e l’ambiente dalle violazioni commesse dalle grandi imprese minerarie. La rete Justice in Mining dei gesuiti auspica l’adozione di una legislazione di due diligence più completa e vincolante per i paesi che importano minerali. È anche necessario che lo Stato colombiano adotti una nuova politica mineraria basata sulla difesa dell’ambiente, sull’inclusione dei produttori locali nella filiera legale, sul diritto di costruire modelli alternativi che vadano oltre l’estrattivismo e valorizzino i piccoli e medi minatori, sulla tutela dei diritti delle popolazioni indigene e delle comunità contadine.

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