Negli ultimi 50 anni, soprattutto nello Stato del Gujarat, i missionari si siano impegnati maggiormente nella formazione degli adivasi (tribali). Col passare del tempo però i progetti si sono allargati anche nel campo dello sviluppo rurale e agricolo. Gli Adivasi sono dediti all’agricoltura, un’attività complessa vista la scarsità della terra e le siccità ricorrenti. Queste difficili condizioni ambientali rendono la popolazione facile preda degli strozzini e dei proprietari terrieri, alimentando un circolo vizioso di sfruttamento che determina insicurezza non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale e culturale.

Il nostro progetto, finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana, ha gettato le basi per la nascita di alcune cooperative sotto l’ombrello dell’ “Adivasi Kheti Yojna”, associazione gestita dai gesuiti locali che dal 1964 lavora per lo sviluppo e l’empowerment degli Adivasi.

Il progetto ha promosso inoltre l’autonomia economica delle donne attraverso lo sviluppo di attività produttive e contribuire all’installazione di silos di stoccaggio per cereali.

Dove

Periodo e stato del progetto

— Concluso

Destinatari

Il progetto si rivolge agli Adivasi, le popolazioni tribali emarginate dalla società indiana.

Contributo

Contesto

Adivasi è il risultato dell’unione di due parole: adi (dal principio) e vasi (quelli che abitano), in altre parole gli “abitanti originari”, il termine comune col quale sono indicati gli appartenenti ai popoli tribali indigeni. Tanto tempo fa gli Adivasi abitavano nelle zone più fertili dell’India, quelle vicine ai grandi fiumi, oggi, però risiedono in aree montagnose molto spesso prive di collegamenti con le città. Nemmeno gli scuola bus si spingono fino ai loro villaggi, rendendo così difficile l’accesso all’istruzione per i bambini.


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