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MAGIS Diritti fondamentali Quale ruolo per la cooperazione internazionale nei programmi dei partiti politici; l’intervista di “Aggiornamenti Sociali” a Bongiovanni
Italia,

Quale ruolo per la cooperazione internazionale nei programmi dei partiti politici; l’intervista di “Aggiornamenti Sociali” a Bongiovanni

Nei programmi dei partiti politici che importanza ha la cooperazione internazionale? Intorno a questo interrogativo ruota l’intervista al presidente della Fondazione Magis, Ambrogio Bongiovanni, pubblicata alle porte delle elezioni politiche del 25 settembre su Aggiornamenti Sociali. Si riporta di seguito il testo dell’intervista.

Mancano oramai una manciata di giorni alle elezioni politiche del 25 settembre. Tutti i partiti hanno presentato e spiegato i loro programmi. C’è però un grande assente. Tra le centinaia di progetti e proposte, la cooperazione internazionale continua ad essere considerata come un tema non prioritario. A ben guardare qualche rifermento c’è, ma appare il più delle volte generico.

Il Partito Democratico, facendosi portavoce delle richieste delle organizzazioni non governative propone di incrementare le spese per la cooperazione allo sviluppo fino allo 0,7% del PIL. Il Movimento 5 Stelle ne parla più diffusamente, indicando l’impegno ad aumentare i fondi dedicati alla cooperazione internazionale allo sviluppo per adeguare progressivamente gli stanziamenti agli impegni assunti e gli obiettivi assunti a livello europeo e internazionale e in particolare nell’ambito dell’Agenda 2030. La Lega gli dedica ampio spazio. Nel suo programma fa riferimento ad un approccio “multistakeholder”, per cui nella definizione e implementazioni di programmi e progetti vengano coinvolti tutti gli stakeholder (ONG, istituzioni locali e nazionali, università, settore privato, ecc). Indicando questo metodo come quello adatto a uscire dalla logica del lavoro per comparti, ottimizzando risorse e investimenti. Forza Italia menziona invece un Piano europeo per aiutare i Paesi con conflitti in corso e un’alta percentuale di popolazione in povertà assoluta, promuovendo la cooperazione internazionale, incrementando e consolidando ogni forma di collaborazione sia in campo civile che militare. Mentre nei programmi dell’Alleanza Verdi-sinistra, del Terzo Polo e di Fratelli d’Italia, pare non esserci alcun riferimento all’argomento. Al di là delle intenzioni espresse dagli attori in campo, resta nero su bianco un dato certo: la Focsiv, insieme ad altre organizzazioni, nel lanciare la “Campagna 070” (www.campagna070.it) ha ricordato che nel 2021 l’investimento dell’Italia per Cooperazione allo sviluppo è stato dello 0,28% del PIL ben lontano dall’obiettivo dello 0,70% della ricchezza del Paese da investire in cooperazione e solidarietà internazionale, fissato dall’Agenda 2030 delle Nazioni unite nel 2015.

Per aiutarci a fare più chiarezza sul ruolo e i benefici concreti che una maggiore attenzione al tema della cooperazione internazionale può portare alla pace e allo sviluppo economico, abbiamo intervistato il prof. Ambrogio Bongiovanni, presidente della Fondazione Magis (opera missionaria della provincia Euro-mediterranea della Compagnia di Gesù), nonché direttore del Centro Studi Interreligiosi della Pontificia Università Gregoriana e consultore del Dicastero per il dialogo interreligioso.

Professore, perché secondo lei il tema della cooperazione internazionale è così importante?

Il ruolo della cooperazione internazionale e della cooperazione missionaria per la promozione della pace deve essere riportato nelle agende dei partiti politici e dei governi in ogni parte del mondo Si tratta effettivamente di un tema strategico per il dialogo tra Paesi e la costruzione di processi che portino alla diminuzione dei conflitti. Argomento questo, che però sembra uscito fuori dai radar della politica nazionale e internazionale. Alla vigilia di queste elezioni politiche italiane c’è veramente pochissimo nei programmi elettorali dei singoli partiti, se si vuole essere ottimisti, rispetto alla cooperazione internazionale, diventata materia sconosciuta ai più e appannaggio dei soli addetti ai lavori.

La cooperazione internazionale è da considerarsi un fattore strategico?

Sicuramente sì, in quanto il ruolo della cooperazione internazionale e della cooperazione missionaria non è solo quello di intervenire nei vari luoghi del pianeta dove c’è bisogno di sostenere popolazioni in difficoltà, ma in particolar modo di accompagnamento di processi. In questo senso la cooperazione riveste un ruolo molto più ampio rispetto al passato. In quest’opera di accompagnamento, essa chiede ai decisori politici di contribuire a facilitare la trasformazione delle società da conflittuali a pacifiche, dialoganti e collaborative tra di loro. Come attori della cooperazione internazionale vogliamo mettere in evidenza il fatto che i sistemi che governano il mondo sono strutture che continuano a perpetuare gli squilibri e le diseguaglianze esistenti. Noi dobbiamo lavorare a tutti i livelli per interrompere questo gioco al massacro.

Cosa significa fare cooperazione internazionale e missionaria in questo tempo tormentato e incerto?

Prima di tutto terrei in buon conto una premessa: la pace si coniuga con lo sviluppo e la giustizia sociale. Finché vi sono squilibri nel mondo, finché ci sono delle asimmetrie politiche, sociali ed economiche, non è possibile raggiungere la pace. La conseguenza di dette affermazioni è quella che oggi, più che mai, è il momento di rilanciare con fermezza il ruolo della cooperazione internazionale a tutti i livelli, in quanto per sua natura indica dei percorsi ed è capace di sottolineare i punti nodali che dovrebbero essere sciolti dalla politica. Rappresenta una sorta di finestra sempre aperta sulle dinamiche globali in grado di tracciare e suggerire delle piste di azione a chi ha la responsabilità di governare e di prendere decisioni che possono indirizzare il destino dell’umanità.

Gli impegni, concreti e morali, presi dagli stati dopo la seconda guerra mondiale sono ormai un lontano ricordo?

Si sta sempre più indebolendo quella prospettiva di pace che dopo la seconda guerra mondiale era stata posta come visione per l’umanità. C’è un continuo incremento delle spese militari. Non bisogna però scoraggiarsi. Occorre avere ben presente che la questione centrale è il rilancio del tema del disarmo per investire in opere di sviluppo. Doveroso e fondamentale è ricordare il Discorso di Paolo VI nel 1965 alle Nazioni Unite: “Cadano le armi, si costruisca la pace”. Bisogna trasferire le risorse che si mettono per le armi verso strumenti di pace e giustizia con l’obiettivo di colmare lo squilibrio tra Nord e Sud del mondo. In questo, purtroppo l’Europa è molto in ritardo. Più armiamo più ci sono conflitti nel mondo e di conseguenza meno sviluppo.

Come è possibile superare l’impasse?

Purtroppo le spese per le armi sono aumentate e quelle per la cooperazione non sono certamente ai primi posti delle agende politiche. Basti pensare che in Italia gli investimenti in cooperazione sono sotto la media europea. Ѐ necessario dunque cambiare politica. Svuotare gli arsenali per riempire i granai. Non si capisce perché si dovrebbero sostenere governi che alimentano la produzione e la vendita delle armi. Viviamo in situazioni di conflitto e questo crea diseguaglianze e tensioni. Impegnarsi per la pace significa lavorare per la giustizia. Per noi cristiani si tratta di un dovere morale che si sostanzia nella testimonianza della carità, nell’amore per gli altri, nell’uguaglianza e nel camminare con i poveri.

Cosa significa camminare con i poveri?

Significa lavorare per la giustizia. Obiettivo che non si raggiunge con le armi, ma solo con la pace. Dovremmo avere tutti il coraggio di guardare in faccia alla realtà. Solo questo può portarci fuori dal disastro che si vede all’orizzonte: «Da soli non ci si salva!». Questa “schizofrenia” culturale dell’uomo ci fa capire che senza una presa di coscienza, prima di tutto personale e poi collettiva e comunitaria, senza il coraggio di scelte concrete, nulla può cambiare.

Papa Francesco ha recentemente partecipato al settimo congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali in Kazakistan. Potranno i leader religiosi aiutare a costruire la pace e in che modo?

Il loro ruolo è certamente molto importante. Non basta però solo il dialogo istituzionale, cioè tra istituzioni, ma serve un dialogo tra persone. Bisogna saper ascoltare le istanze che vengono dal basso, ovvero dalle comunità di fede. La leadership religiosa deve essere coraggiosa e profetica, deve saper denunciare il male, tutto ciò che allontana dalla trascendenza. Si devono sempre di più far portatori di alleanze interreligiose per la pace. Il tema della fratellanza umana, pur nella diversità culturale e religiosa, è centrale, in quanto è alla base di ogni diritto fondamentale. L’esempio ci viene dato da papa Francesco che mette, ogni giorno, tutte le sue energie per raggiungere l’obiettivo della pace.

Per concludere, quali proposte concrete secondo lei si possono rivolgere a chi vincerà le elezioni del prossimo 25 settembre?

Se ne possono indicare quattro: la prima riguarda l’impegno a lavorare per il disarmo. Disinvestire nelle armi significa infatti avere a disposizione più risorse economiche per promuovere uno sviluppo più equilibrato. La seconda si concentra sulla promozione di “alleanze” tra tutte quelle organizzazioni locali e internazionali che hanno a cuore il tema della cooperazione. La terza è un invito alle forze politiche a sostenere l’impegno delle ONG e dei loro operatori promuovendone i progetti e le attività. La quarta va nella direzione di una maggiore attenzione a politiche di cooperazione euro-mediterranee, in quanto il Mediterraneo rappresenta un’area strategica per la costruzione della pace. In altre parole, occorre elaborare una visione e una strategia centrate su alleanze tra ONG, istituzioni e network di organizzazioni internazionali con l’obiettivo di proporre ai “decisori politici” progetti di cooperazione internazionale adatti al nuovo contesto globale, ma allo stesso tempo capaci di beneficiare veramente i poveri del mondo.

Di seguito l’intervista pubblicata su Aggiornamenti Sociali:

•             “Il ruolo della cooperazione internazionale in vista del voto (e non solo)” (settembre 2022)

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