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MAGIS Notizie Sinodalità al crocevia tra Europa e Mediterraneo
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Sinodalità al crocevia tra Europa e Mediterraneo

Nell’Arcidiocesi di Malta, il processo sinodale in corso non è semplicemente una riflessione sulle esperienze positive del sinodo diocesano celebrato tra il 1999 e il 2003. Esso rappresenta anche un’opportunità fondamentale per sostenere il cammino intrapreso dalla Chiesa nelle isole maltesi che
risultano strategiche in virtù della loro posizione unica al crocevia tra Europa e Mediterraneo. È attualmente in atto, infatti, un processo di rinnovamento ecclesiale a scadenza quadriennale dal titolo:
“Una Chiesa, Un Cammino 2020-2024.”
Questo processo sinodale sottolinea la necessità di affrontare le sfide, le resistenze e le complessità coinvolte nel realizzare una Chiesa realmente sinodale. L’invito ad abbracciare una struttura più sinodale è influenzato dalle circostanze geografiche e storiche uniche di Malta, poiché l’isola si trova a un crocevia nel Mediterraneo. Durante la sua recente visita pastorale, Papa Francesco ha sottolineato sia la vivacità delle nostre esperienze quotidiane sia la nostra posizione strategica come “crocevia” nel Mediterraneo, sottolineando che “varie correnti attraversano questo paese” (2 aprile 2022).
A Malta, negli ultimi dieci anni, ci sono stati grandi cambiamenti. La popolazione è aumentata di quasi il 25%, principalmente a causa di politiche volte ad attrarre lavoratori stranieri. Questa rapida crescita ha portato a una maggiore diversità: il 20% della popolazione è ora di origine straniera – insieme a un impressionante aumento del 330% nell’attività di costruzione negli ultimi 20 anni, sollevando significative preoccupazioni ambientali.
Circa l’87,5% della popolazione ha accesso a Internet, con l’85% che interagisce quotidianamente con i social network online. Questo fenomeno, unito a un crescente accento sull’individualismo, sta ridefinendo il modo in cui le persone accedono e condividono informazioni e come si relazionano tra loro. Paradossalmente, questo crescente focus sull’inclusione coesiste spesso con segnali emergenti di tribalismo. La transizione da una cultura in cui gli individui erano spesso “nati nel cattolicesimo” a una
società multiculturale basata sulla scelta personale è evidente. Un censimento della partecipazione alla
Messa domenicale condotto nel 2017 dall’Arcidiocesi ha rivelato un significativo calo della partecipazione tra coloro di età pari o inferiore a 49 anni, con una diminuzione del 21% registrata tra il 2005 e il 2017.
L’esperienza vissuta dalla Chiesa maltese risuona con la metafora di una nuova vita che rompe il “guscio,” come articolato nel documento del Sinodo (§23). Questa gioia è espressa da coloro che si sono sentiti inclusi nel processo sinodale, accompagnata dalla sfida di riscoprire la dignità e la corresponsabilità insite nei doni battesimali.
C’è un desiderio collettivo di maggiore riconoscimento, sia che si tratti delle voci giovanili che aspirano a essere ascoltate, del ruolo delle donne, o dei pesi affrontati dal clero sotto stress ministeriale. Alcuni riconoscono la necessità di un invito alla “cooperazione e al dialogo con persone di altre religioni e non credenti su questioni sociali in cui esiste un terreno comune,” piuttosto che essere una Chiesa “in attacco, tutto il tempo.”
A Malta, quindi, la Chiesa, con il suo ricco patrimonio cristiano, affronta le sfide della secolarizzazione. Il desiderio di coinvolgere gli altri “con la lampada ardente del Vangelo” è spesso ostacolato da tensioni interne, in particolare quelle evidenziate nel documento del Sinodo. La tensione tra verità e misericordia (§36) richiede un’inclusività radicale, necessitando un ascolto più profondo di Cristo come unico punto di incontro per il nostro mondo frammentato. Un’altra tensione cruciale è il movimento verso una “Chiesa interamente ministeriale” (§67), dove il rapporto tra ministero ordinato e laicato richiede un discernimento più chiaro. In una società multiculturale e globalizzata, la questione critica è come la Chiesa maltese possa abbracciare la diversità senza frammentarsi in gruppi isolati.
L’esperienza maltese sottolinea l’importanza di affrontare queste tensioni per coltivare una Chiesa
realmente sinodale. La Chiesa maltese affronta la sfida di mantenere l’unità in mezzo a una pluralità crescente. La situazione a Malta, dove i cittadini di paesi terzi introducono espressioni diverse di cattolicesimo, richiede riflessione su come mantenere l’unità rispettando e integrando la diversità culturale e spirituale. Questa pluralità non dovrebbe portare alla frammentazione, ma dovrebbe altresì
promuovere un senso di Chiesa che ha molte radici. Una Chiesa di tipo sinodale, ad ogni modo, non
può prosperare senza fiducia. Ripristinare una tale fiducia implica il riconoscere le colpe passate e
promuovere una corresponsabilità condivisa con il laicato. Anche la partecipazione delle donne nella
Chiesa risulta essere una questione cruciale nell’ambito di un cammino verso la piena sinodalità. Una
partecipazione autentica, però, non comprende solo responsabilità, ma anche condivisione di ruoli,
leadership e possibilità di decidere, sfidando il soffitto di vetro che spesso limita i loro contributi.
Attuare questi cambiamenti, però, richiede una profonda riflessione sulle dinamiche di potere e
autorità all’interno della Chiesa, in particolare riguardo ai ruoli del clero e del laicato.
In conclusione, il Sinodo sulla Sinodalità chiama la Chiesa maltese a coltivare una cultura di sinodalità a tutti i livelli, promuovendo partecipazione, discernimento e fiducia. Abbracciando le tensioni, le gioie e le sfide di questo processo, la Chiesa può emergere come una comunità più inclusiva, orientata alla missione e spiritualmente radicata, pronta a rispondere alle complesse realtà dei contesti locali.

di John Berry, Professore di Teologia, Università di Malta

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