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MAGIS Notizie Sul processo sinodale in Asia
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Sul processo sinodale in Asia

Cosa ci dobbiamo aspettare dal Sinodo pensando alle necessità del continente asiatico? La logica del “walking together” promossa dal processo sinodale, che ascolto – ma anche quale messaggio – avrà nei confronti dell’Asia? Come riuscirà ad ascoltare il grido di 320 milioni di persone estremamente povere, dove, però, vive anche il maggior numero di miliardari al mondo? In quale misura saranno ascoltate le minoranze, soprattutto quelle che vivono a contatto con l’induismo, l’islam, il buddismo, il taoismo ed altre tradizioni religiose indigene? I 150 milioni di cattolici, su 4,6 miliardi di abitanti dell’Asia, saranno adeguatamente considerati quando il loro esiguo gruppo raggiungerà Roma? La Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia è sempre stata consapevole di quanto complesso sia il contesto del continente asiatico. Quest’ultima ha sempre promosso un approccio improntato al dialogo. Non diversamente, anche l’attuale Sinodo in corso in Vaticano è chiamato a valorizzare un atteggiamento dialogico. Attraverso di esso si potranno aprire maggiori spazi di incontro e si potrà favorire “uno spirito di preghiera e di discernimento”. Con esso diventerà possibile, per usare il linguaggio biblico, “allargare la tenda”.
Scorrendo il documento che l’Assemblea continentale asiatica ha dedicato alla sinodalità, si evince la convinzione che l’esperienza sinodale, grazie allo Spirito Santo, ha prodotto un “senso di speranza e di gioia affinché la Chiesa possa andare avanti”. Ancora più rilevante, però, è come il medesimo rapporto riconosca che il processo sinodale sia servito a riflettere sulle ferite subite da svariati credenti a causa degli abusi finanziari e persino a causa di quelli sessuali. Nel testo, comunque, sono prese in
analisi anche altre questioni, come la mancanza di partecipazione dei giovani e delle donne al processo decisionale nelle chiese locali, la trascuratezza delle popolazioni indigene e l’impatto che i vari conflitti hanno nei diversi paesi. Un contributo importante è che il rapporto chiarifica quale sia la natura di queste
tensioni e vulnerabilità. Nell’ambito delle riunioni sinodali, coloro che hanno il compito di raccogliere e vagliare i dati, dovranno avere l’accortezza, però, di considerare anche altre tematiche, quali, ad esempio, la crisi ecologica, la dipendenza dalle droghe e dai social media, l’aborto presentato come un diritto inalienabile della donna, l’impatto delle nuove tecnologie sui giovani e la mancanza di attenzione nei confronti degli sfollati, dei migranti, dei profughi di guerra e delle vittime della tratta di esseri umani. Nonostante le difficoltà che sempre ci sono nell’affrontare queste problematiche in modo aperto,
il documento dedica varie pagine anche al dolore che viene causato ai laici dal clericalismo scandaloso, ma anche, all’opposto, la depressione di un clero che è sovente criticato in modo eccessivo. Un problema trascurato, se possiamo aggiungere un’ulteriore tematica, è la minaccia di guerra nel Mar Cinese
Meridionale!
L’affrontamento di queste molteplici questioni richiede condivisione e dialogo, e non solo durante i processi sinodali, ma anche nella normale vita quotidiana della Chiesa. Per raggiungere tale obiettivo, però, è necessario andare oltre il puro e semplice ascolto. L’attenzione sinodale, cioè, deve essere accompagnata da un’attitudine a parlare e a farlo apertamente. È necessario dare maggiore spazio alle voci minoritarie, ed occorre difendere ciò che è giusto con un linguaggio che sappia produrre pace e riconciliazione.
Se il Sinodo saprà custodire un tale atteggiamento, verrà elevata la qualità del dialogo e si potranno
ottenere risultati promettenti. Una domanda finale che è lecito porsi, è come potranno partecipare ed essere ascoltati, nell’ambito di questo storico processo sinodale, anche gli accademici.

di Albert E. Alejo, SJ

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