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Opera missionaria della Provincia Euro-Mediterranea dei gesuiti
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Vocazione al dialogo

Suor Deema, siriana, monaca della comunità monastica di Mar Musa, rifondata da P. Paolo Dall’Oglio SJ, riflette sulla prima delle Preferenze Apostoliche Universali «Indicare il cammino verso Dio mediante gli Esercizi Spirituali e il discernimento»

La letteratura sapienziale e profetica ci insegna che Dio ha fatto ogni cosa con sapienza e carità. Il libro della Genesi ci proclama la creazione dell’uomo. Grazie alla sua creazione a immagine di Dio, egli gode di una dignità speciale che lo rende diverso da tutte le altre creature e lo mette all’apice di tutta la creazione. Il Signore, infatti, ha fatto l’uomo poco meno di un dio e gli ha dato il potere sulle opere delle sue mani (Salmo 8, 6- 7). Lo stesso libro ci racconta un avvenimento tra Dio e l’uomo e cioè l’essere di quest’ultimo di fronte a Dio perché sia in relazione con Lui. L’aiuto adeguato ad Adamo, continua a raccontarci il libro della Genesi, proviene dalla donna la cui creazione ci dà una ulteriore conferma dell’importanza della relazione come un elemento costitutivo dell’essere umano. Egli è infatti un essere intrinsecamente relazionale.

Dopo il racconto della creazione, il racconto della Genesi si estende per parlarci della missione dell’uomo. A lui è richiesto di custodire il giardino di Dio. Egli riceve la missione di offrire tutto il mondo a Dio e trasformarlo in vita in Dio e con Dio. L’uomo e la sua vocazione sono al cuore degli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola. All’inizio degli esercizi spirituali, egli ci comunica il Principio e il Fondamento che mostra il fine per il quale siamo stati creati. L’uomo, infatti, è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore. Per conseguire tale fine, egli è aiutato dal mondo creato. Grazie a questo servizio che l’uomo può rendere a Dio, egli è anche chiamato a praticare ciò che possiamo chiamare una mistica di servizio attraverso la quale farà quello che il Signore gli dirà, e nel posto dove vivrà farà quello che dovrà fare (T. Beck). I cristiani, ci insegna il Concilio Vaticano II, sono chiamati a edificare il mondo e a interessarsi dei loro simili (Gaudium et Spes 34). Qualsiasi attività umana, per poter essere fruttuosa, deve essere finalizzata all’uomo. Un’attività che si interessa di ottenere la giustizia deve corrispondere al bene di tutta l’umanità, secondo il piano e la volontà divina, e deve permettere all’uomo di attuare e adempiere la sua vocazione integrale (GS 35).

Con ciò possiamo dire che l’andare verso l’altro, il desiderio di conoscerlo e dialogare con lui è un elemento costitutivo dell’essere umano. Ogni passo verso l’altro potrebbe essere un passo verso il compimento della vocazione dell’uomo, una vocazione che trova, appunto, la sua risposta attraverso i rapporti con gli altri, la reciprocità dei servizi e il dialogo con i fratelli (GS 25). L’uomo, nella sua capacità di dialogare con Dio, può vivere con verità solo se riesce a riconoscere la sua dipendenza dall’amore con cui Dio lo ha creato (GS 19 e 21). Tale amore è un amore personale che è pensato per essere particolare. È un amore che più si incarna nella realtà, più è vero. Padre Paolo Dall’Oglio descrive così l’amore di Dio nei confronti di Maria di Nazareth amata da Dio in modo personale. Tale amore intenso Dio lo ha per ogni uomo. San Paolo ci invita ad avere gli stessi sentimenti di Cristo. Attraverso gli esercizi spirituali Sant’Ignazio ci invita a permettere a Gesù di entrare nella nostra vita in modo tale che la sua potente e unica presenza potrà liberarmi e condurmi in un autentico cammino di servizi.

Attraverso una vita di preghiera, di lavoro manuale e di ospitalità la Comunità di Mar Musa vuole consacrarsi per incarnare l’amore di Dio verso tutti e in modo particolare, specifico e personale verso l’Islam e i musulmani. La nostra esperienza lungo gli anni ci fa sentire che l’altro diverso da me mi appartiene e che ho responsabilità nei suoi confronti. L’ospitalità e l’apertura ad accogliere l’altro ci offre, giorno dopo giorno, la possibilità di approfondire in modo del tutto esistenziale la relazione con l’Islam. Tale accoglienza trova la sua massima espressione quando si trasforma in preghiera e intercessione.

Noi monaci e monache di Mar Musa, consci di essere deboli, peccatori perdonati, proviamo a portare il mondo, e in particolare il mondo musulmano, nelle nostre preghiere e proviamo ad aprirci allo Spirito chiedendo al Signore di suggerirci e darci consigli per poter amare sempre di più. Spinti da tale desiderio e da tale amore andiamo verso i musulmani e con loro vogliamo andare verso il Regno di Dio. La storia ci ha mostrato come un cammino del genere non è stato un cammino sempre facile ma siamo chiamati a diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace e ciò è possibile se riusciamo ad adottare la via del dialogo.

 

Suor Deema Fayyad

 

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L’articolo è pubblicato sul numero 92 della rivista GMI scaricabile in formato pdf.

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