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Opera missionaria della Provincia Euro-Mediterranea dei gesuiti
MAGIS Educazione Italia. Padre Bellucci: «Ecco come nacque il Magis»
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Italia. Padre Bellucci: «Ecco come nacque il Magis»

Padre Giuseppe Bellucci oggi è ministro della Curia generalizia della Compagnia di Gesù, ma trent’anni fa come direttore di «Popoli», il mensile internazionale dei gesuiti italiani, partecipò attivamente alla nascita del Magis. Con lui ripercorriamo le prime fasi della storia della nostra fondazione.

Prima della nascita del Magis come venivano sostenuti i missionari gesuiti italiani e le loro attività?
I missionari venivano aiutati dalle cinque Procure delle missioni (Genova, Gallarate, Roma, Napoli e Palermo) eredi delle Procure delle missioni delle cinque Province gesuitiche italiane esistenti prima della nascita della Provincia d’Italia. A queste Procure, si aggiungeva la rivista «Popoli» che funzionava anch’essa come una sorta di Procura delle missioni perché ogni mese presentavamo ai lettori due progetti da finanziare portati avanti da missionari gesuiti. Molti benefattori facevano poi capo alla rivista e noi giravamo ai missionari le loro donazioni. Possiamo dire che, allora, c’erano cinque Procure più una, «Popoli» appunto.

Perché si decise di creare il Magis?
Perché stava mutando il panorama della cooperazione internazionale e noi dovevamo reagire. Dal 1972, i cinque Procuratori e il direttore di «Popoli» hanno iniziato a incontrarsi ogni anno per una sessione di studio. Era un modo per confrontarci e per coordinare le nostre azioni. Nel frattempo, però, stavano mutando anche gli strumenti a nostra disposizione. Nel 1985 è nato l’8xmille e, con esso, la Conferenza episcopale italiana è diventata uno degli attori principali dei finanziamenti ai missionari. Nello stesso periodo sono aumentati i fondi messi a disposizione dalle organizzazioni internazionali. Nasceva quindi la necessità come gesuiti di presentarci di fronte a queste istanze con una voce sola. Da questa necessità è scaturita una lunga riflessione che è alla base della nascita del Magis nel 1988.

La riflessione è stata lunga e complessa…
Il Magis è nato da un processo di discernimento molto articolato al quale, come direttore di «Popoli», ho partecipato. Fu un confronto molto aperto e franco. Ricordo la discussione se mantenere o meno la dizione «gesuiti» nel nome. Qualcuno voleva togliere il riferimento per dare un’immagine più laica dell’associazione, ma poi si ritenne di mantenere forte l’identità gesuitica e il legame con la Compagnia di Gesù.

Quali obiettivi si proponeva all’inizio il Magis?
L’idea iniziale era quella che i gesuiti disponessero di un’organizzazione che si occupasse della cooperazione missionaria senza per forza eliminare le Procure. Di fronte alle difficoltà di alcune Procure delle missioni, si è poi iniziato a pensare a un loro progressivo scioglimento e a un assorbimento da parte del Magis delle loro funzioni. Cosa che poi, nel tempo, è avvenuta. Le Procure hanno ceduto le loro funzioni e hanno cessato la loro attività. Si è trattato di un processo lento che ha vissuto fasi diverse. Alcune Procure hanno chiuso subito. Altre, più strutturate, come quella di Gallarate), hanno resistito più a lungo, fornendo comunque un sostegno al Magis.

Come è stato accolta la nascita del Magis?
Il processo di nascita del Magis non è stato indolore ci sono state resistenze e difficoltà. Fino ad allora i missionari ricevevano dalle Procure supporto dalle opere di evangelizzazione e di cooperazione e il loro rapporto con le Procure e con i donatori era diretto. Quando è nato il Magis, i fondi non venivano più elargiti per la loro attività tout-court, ma erano legati a un progetto di cooperazione. Il rapporto diventava più formale. I missionari erano quindi costretti a cambiare mentalità. Ciò non è stato sempre facile. Alcuni missionari non vedevano più nel Magis una risposta immediata alle loro necessità. Nel tempo poi questo scoglio è stato superato.

Ritiene che la nascita del Magis sia stata positiva?
Indubbiamente sì. Per i gesuiti avere uno strumento unico che coordinasse la cooperazione internazionale e missionaria è stato certamente un passo in avanti importante. Ci sono state difficoltà è indubbio, ma condurre in porto un processo così importante non è semplice e i problemi sono fisiologici.

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