Gesuiti
MAGIS
Opera missionaria della Provincia Euro-Mediterranea dei gesuiti
MAGIS Notizie La via della pace non è la guerra
Italia,

La via della pace non è la guerra

Una pace vera, non solo nominata ma voluta al punto da generare un sincero impegno per raggiungerla. Questo il tema caldo dell’editoriale a firma del presidente della Fondazione Magis, Ambrogio Bongiovanni, che apre il num. 101 della rivista “GMI – Gesuiti Missionari Italiani”. Di seguito il testo integrale dell’articolo.

“Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra”

“Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra. Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore”. Isaia 2,2-5.

Pace, una parola che da più parti piace pronunciare, ma senza troppa intima e sincera convinzione di attuarla in concreto. Questo brano di Isaia sovverte completamente la logica di quanti oggi, in risposta al conflitto in Ucraina, predicano l’adagio “se vuoi la pace prepara la guerra” meglio, prepara le armi e rafforza le spese militari! Il brano di Isaia è una via totalmente alternativa, reale e concreta per i cristiani (tutti i cristiani!), per i credenti di altre tradizioni religiose, per i non-credenti, a costruire la pace come dimensione non solo escatologica ma terrena e a partire dai giorni”. È per me veramente sconfortante il silenzio su questo tema dei cristiani impegnati in politica che in nome della realpolitik mettono da parte questa dimensione essenziale della fede cristiana. In nome di quale principio etico o di quale umanesimo si può accettare l’aumento delle spese militari già cresciuto drammaticamente negli ultimi anni? In nomedi quale principio si possono dimenticare trattati che miravano a bandire le armi nucleari?

Purtroppo non un minimo accenno di serio dibattito politico su questo tema. E pensare che anni fa nei Parlamenti europei si registrava la discussione, anche da componenti laiche, sulle cosiddette “radici cristiane” dell’Europa.

L’Europa di oggi sta dimenticando la storia cruenta che l’ha attraversata e tradisce con la scelta dell’aumento delle spese militari le radici cristiane. Qualche anno fa l’occidente si sentiva minacciato nella pace dall’Islam, una religione che ha alla radice del suo nome la pace.

In Europa oggi si assiste ad uno scontro tra culture cristiane, ed è per questo doppiamente scandaloso. Essere costruttori di pace è la beatitudine centrale proclamata da Gesù. Lo scandalo attuale non è il pacifismo ma il bellicismo diffuso nelle scelte politiche ed economiche.

Ribadiamo questo tema perché consapevoli che la scelta di riarmare il mondo vuol dire ostacolare lo sviluppo dei popoli e aumentare i conflitti e quella volontà di “potenza” di alcuni.

Sappiamo anche che oggi nel mondo ci sono diverse decine di guerre, quasi sconosciute all’opinione pubblica, conflitti  dimenticati, ma che causano tanta sofferenza. Papa Francesco va ripetendo da anni che siamo nel mezzo della terza guerra mondiale a pezzi e a farne le spese sono le persone più fragili, deboli, indifese.

Le guerre causano nuove povertà e migliaia di profughi che scappano dalle zone dei conflitti e del degrado ambientale per cercare un domani migliore. La guerra è la più grande sconfitta dell’umanità e per superare questo modo di interpretare la vita e le relazioni internazionali occorre esercitare sempre il dialogo e la reciproca comprensione fra i popoli. Nell’enciclica Fratelli tutti, il Papa ribadisce che: “La guerra non è un fantasma del passato, ma è diventata una minaccia costante. Il mondo sta trovando sempre più difficoltà nel lento cammino della pace che aveva intrapreso e che cominciava a dare alcuni frutti” (256). Purtroppo, “la guerra è la negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all’ambiente. Se si vuole un autentico sviluppo umano integrale per tutti, occorre proseguire senza stancarsi nell’impegno di evitare la guerra tra le nazioni e tra i popoli” (257).

Dovremmo far tesoro del celebre discorso pronunciato da Paolo VI il 4 ottobre del 1965, davanti all’assemblea delle Nazioni Unite, in occasione del ventesimo anniversario dalla sua fondazione alla fine della seconda guerra mondiale, con lo scopo di promuovere la pace e la collaborazione fra i popoli di tutta la terra. “[…] facciamo Nostra la voce dei poveri, dei diseredati, dei sofferenti, degli anelanti alla giustizia, alla dignità della vita, alla libertà, al benessere e al progresso […]” e con decisione il Papa sottolinea un principio di estrema attualità “cadano le armi, si costruisca la pace totale” ed ancora “non gli uni contro gli altri, non più, non mai! A questo scopo principalmente è sorta l’Organizzazione delle Nazioni Unite; contro la guerra e per la pace!”. Nel suo discorso Papa Montini ricorda anche le parole di John Kennedy, pronunciate nel 1961: “L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità” e ribadisce con decisione rivolgendosi ai rappresentanti delle nazioni riuniti nel palazzo di vetro a New York: “Non occorrono molte parole per proclamare questo sommo fine di questa istituzione. Basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità!”.

In altre parole, oggi l’appello alla pace è per una vera crescita umana integrale verso il bene comune, e dunque non solo quella economica – che non può essere infinita e di pochi. Ma una crescita integrale può avvenire se sarà attivato un cambio paradigmatico di un sistema che attualmente continua ad essere cronicamente ingiusto e violento. Una svolta che i poveri e tutti coloro che camminano con loro attendono con speranza.

Condividi