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Opera missionaria della Provincia Euro-Mediterranea dei gesuiti
MAGIS Diritti fondamentali Padre Gherardi: «Da Goundi a Biobe, quanta strada abbiamo fatto»
Ciad,

Padre Gherardi: «Da Goundi a Biobe, quanta strada abbiamo fatto»

Dal 1968 a oggi, Angelo Gherardi, gesuita di origini bergamasche, ha creato un piccolo-grande miracolo in Ciad. Dopo aver dato vita all’ospedale di Goundi, ha fondato un ospedale e una facoltà di Medicina a N’Djamena (la capitale) e ora è impegnato a ultimare due centri medici in una zona remota del Sud-Est. Strutture che si rivolgono alla povera gente offrendo loro cure e assistenza. Ripercorriamo il suo cammino attraverso una lettera che ha inviato alla Fondazione Magis.

Nel 1968 la piccola comunità di Goundi, nella savana a Sud del Ciad, animata dai primi missionari cristiani, laici e sacerdoti, facendo proprio il messaggio evangelico: «Ho compassione di questa popolazione afflitta da così tante malattie», si è mobilitata per costruire un ospedale. La struttura ha aperto il 1° gennaio 1974.

Nel 2004, l’ospedale di Goundi ha dato vita a N’Djamena alla facoltà di Medicina con l’ospedale universitario per la formazione di medici e infermieri. Una centro che, nello spirito delle origini, perpetuasse l’impegno al servizio dei malati con competenza e coscienza ovunque ci fosse bisogno, con un’attenzione preferenziale per la popolazione più bisognosa della campagna e delle città.

Successivamente, nel 2014, si è iniziato a progettare un ospedale di campagna a Biobé, una delle zone tra le più povere e abbandonate del Sud-Est del Ciad. Questa regione, isolata per 5-6 mesi all’anno a causa delle inondazioni del Lago Iro e dei fiumi che la attraversano, ha reso necessario la creazione di un centro di sanità primaria che si rivolgesse alle popolazioni così isolate.

A partire dal 2016 è diventato necessario creare piccoli ospedali di campagna a Kutuguere (a 35 km da Biobé) e a Boum Kebir (75 km) al servizio di una popolazione di circa 150mila abitanti. La costruzione di queste nuove strutture sanitarie sono state effettuate da muratori figli dei primi muratori che nel 1974 avevano costruito l’ospedale di Goundi formati da missionari volontari.

La presenza di medici e infermieri in queste nuove strutture, come di quella di Biobé, è assicurata dai figli dei primi infermieri di Goundi, diventati essi stessi infermieri, sull’esempio dei loro genitori oppure medici nella facoltà di N’Djamena. Come il dottor Youssouf, attualmente direttore sanitario di Kutuguere e il dottor Mahamoud, direttore di Biobé. A Boum Kebir arriverà il dottor Mbario, figlio di Marcel e Marie, infermieri a Goundi fin dai primi anni.

Questa, in breve, la storia della lunga marcia del «Buon Samaritano» cominciata molto tempo fa e che continua e continuerà, con l’aiuto della Divina Provvidenza e di tante persone e istituzioni che si sono impegnate a favore dei malati con uno spirito umanitario.

Il 1° settembre, l’ospedale di Kutuguere è stato inaugurato e ha iniziato a funzionare. Nel febbraio 2019 sarà inaugurato quello di Boum Kebir che dev’essere ultimato perché i lavori di costruzione sono stati interrotti dalle inondazioni. Un finanziamento di Heres, organizzazione di Barcellona, è stato per noi essenziale per concludere i lavori.

All’apertura, la popolazione di Kutuguere, in passato abbandonata a se stessa, ha iniziato a rivolgersi alla struttura. A settembre si è registrata un’affluenza media di 50 nuovi pazienti, 5 parti cesarei (madri e figli sarebbero morti senza questi interventi), 20 bambini ricoverati per anemia acuta legata alla malaria, più di 150 esami di laboratorio.

I malati arrivano su carretti trainati da cavalli o buoi, o su barelle improvvisate che devono attraversare distese d’acqua di un metro di profondità. Una donna, portata su una barella a turno da dieci ragazzi, è arrivata all’ospedale dopo un viaggio lunghissimo e faticoso e ha partorito due gemelli. Io stesso ha fatto l’esperienza di questo viaggio difficile su un carretto per lasciare Biobe e raggiungere l’aeroporto dal quale partiva l’aereo per l’Europa. Ci ho messo sette ore per percorrere i primi 35 km attraverso una pianura inondata, trainato da un cavallo esausto.

Ma quando si guarda ai risultati benefici e vitali per così tanti malati che non avrebbero assistenza, io e voi certamente pensiamo che valga la pena fare questi sforzi. Verrò in Europa per cercare i mezzi per acquistare e inviare per container i materiali che ci mancano ancora in questi nuovi ospedali.

Sono già disponibili 50 letti, sedie, tavoli, armadi, barelle, biancheria così come materiale chirurgico. Abbiamo anche un fuoribordo per attraversare il lago in 25 minuti e che ci permetterà di evitare di percorrere la strada che richiede un’ora e mezzo di viaggio.

Serve però ancora una parte degli strumenti che ci servono e che pensiamo di acquistare e caricare sul container che dovrebbe partire per novembre e che dovrebbe arrivare in Ciad a gennaio.
Angelo Gherardi Sj
Direttore generale Atcp

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