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MAGIS Diritti fondamentali Sri Lanka, storia di una bella rivoluzione
Sri Lanka,

Sri Lanka, storia di una bella rivoluzione

Se l’intenzione è buona; se l’obiettivo è il bene comune; se i mezzi sono buoni; se c’è spirito di gruppo, lealtà e gioia nella lotta; se c’è determinazione a superare qualsiasi ostacolo; se il morale rimane alto, l’esito è garantito e il risultato è invariabilmente buono e bello.

Questo è, in sintesi, quanto è accaduto nello Sri Lanka nella storica giornata del 9 luglio 2022. Questo è il nostro omaggio rivoluzionario ai giovani coraggiosi dell’Aragalaya (la lotta). Oh, come vorrei avere 50 anni di meno. È stata una “Grande alleanza di persone buone”, desiderose di liberare il proprio Paese dal potere iniquo di un esecutivo e di un legislativo corrotti e malvagi. L’alleanza è stata davvero grandiosa, visto che quasi due milioni di cittadini si sono uniti ai giovani all’Aragalaya il 9 di luglio. Senza pietre né bastoni, senza spade né coltelli, senza armi né bombe, hanno ottenuto l’impossibile con il solo potere popolare. Come diceva il famoso hashtag #gotagohome2022, il Presidente (ndt) è stato cacciato dalla sua residenza e si è dovuto nascondere fuggendo dall’isola.

La lotta è iniziata proprio dai contadini, subito dopo l’insediamento di questo regime, che da un giorno all’altro ha interrotto l’importazione di fertilizzanti chimici per favorire l’agricoltura biologica. In tutti i villaggi i contadini delle risaie hanno ripetutamente protestato. La produzione agricola si è dimezzata. Il Paese ha dichiarato la bancarotta.

Ecco una breve storia della bella rivoluzione. Il 9 aprile i manifestanti hanno iniziato ad accamparsi davanti alla segreteria presidenziale nel Galle Face Green di Colombo. La manifestazione è cresciuta giorno dopo giorno e notte dopo notte fino a diventare un grande raduno. Il 9 maggio i teppisti inviati dall’allora primo ministro Mahinda Rajapakse hanno attaccato i giovani pacifici nel sito dell’Aragalaya picchiandoli e bruciando le loro tende. La reazione della gente in tutto il Paese è stata dirompente. Il primo ministro si è dimesso. Il 9 giugno Basil Rajapakse si è dimesso dal suo seggio parlamentare ed è scomparso. Il 9 luglio i giovani si sono recati al Palazzo presidenziale per spodestare il Presidente, ma questi è scappato e si è nascosto. I giovani hanno occupato l’edificio così come avevano occupato la residenza e l’ufficio del primo ministro. Gotabhaya Rajapakse è stato cacciato dal Paese. Speriamo che quanto è avvenuto sia davvero la fine di quella famiglia corrotta.

Questa è l’attuale situazione economica del Paese: “Lo Sri Lanka è nel pieno di una crisi economica e politica di proporzioni apocalittiche. Molti milioni di persone appartenenti alle fasce più vulnerabili saltano i pasti; l’inflazione ha superato il 50% (dati non ufficiali la danno più che raddoppiata: 128% a maggio).  Il Pil in termini nominali si è dimezzato in meno di sei mesi – per gli acquirenti la perdita potrebbe essere maggiore. L’intera economia è in stallo. Le piccole e medie imprese stanno lottando per la sopravvivenza, con il rischio di una disoccupazione su larga scala. Un’intera economia sommersa si è già arrestata e l’agricoltura ha subìto una drastica riduzione, lasciando la maggior parte della forza lavoro dello Sri Lanka disoccupata e alle prese con il sostentamento delle proprie famiglie. Le scuole sono state chiuse a causa della crisi del carburante, privando la maggior parte dei bambini del Paese della loro unica possibilità di migliorare la propria condizione. Gli ospedali funzionano a malapena e centinaia di farmaci salvavita sono esauriti. Anche il servizio di ambulanze Suwa Seriya ha annunciato che dovrà ridurre i servizi a causa della mancanza di carburante. Questa è molto più di una crisi dovuta a un eccessivo indebitamento o a decenni di cattiva gestione economica, come spesso viene descritta. Sebbene queste ne siano le cause principali, si tratta di una crisi causata da Gotabaya Rajapaksa e dai suoi accoliti che hanno inseguito eccessivi profitti e la propria personale sopravvivenza politica. Di conseguenza, il regime in carica, salito al potere dopo una campagna elettorale all’insegna del razzismo, ha vanificato un decennio di conquiste economiche e sociali”. (https://www.dailymirror.lk/opinion/The-creators-and-profiteers-of-our-misery/172-240555)

I gesuiti hanno partecipato alla lotta per mesi. Si sono mescolati ai manifestanti. Il 9 luglio hanno marciato verso il palazzo presidenziale con altri religiosi e sacerdoti che sono stati colpiti con idranti e gas lacrimogeni. Spesso i gesuiti hanno portato acqua potabile e talvolta anche cibo ai manifestanti. L’attività di advocacy è stata svolta nel corso di seminari e conferenze a cui hanno partecipato. I giornali nazionali hanno scritto articoli sulla questione. Il Provinciale ha scritto a nome di tutti i gesuiti a tutte le ambasciate, chiedendo loro di fare pressione diplomatica per spodestare il regime corrotto.

Anche se i Rajapaks non ci sono più, i problemi non sono risolti. L’uomo che si è insinuato illegalmente e spudoratamente nella carica di presidente ad interim è il mandatario dei poteri che c’erano prima. Pertanto, l’Aragalaya non è finita. Gli pseudo opinionisti da poltrona possono incolpare i giovani dell’Aragalaya e trovare in loro ogni tipo di debolezza. Ma non si rendono conto che la protesta non apparteneva a nessuno in particolare, nemmeno ai giovani della Galle Face. Apparteneva alla gente, ai contadini che protestavano nelle loro risaie distrutte, alle migliaia di persone che hanno aspettato per giorni in coda per il gas da cucina, per la benzina, il gasolio e altri beni di prima necessità, alla ventina di persone che sono morte mentre facevano la fila e al bambino che è nato in coda. Due milioni non erano i giovani del sito della protesta di Galle Face; erano gli abitanti del Paese, circa il 10% della popolazione.

L’Aragalaya non mirava solo a destituire il Presidente, ma a rovesciare l’intero sistema a cui apparteneva. I giovani del Galle Face Green hanno dichiarato a gran voce che vogliono un cambiamento sistemico. Vogliono liberarsi della cultura corrotta, omicida e gretta di Ali Baba e dei 225 ladroni. Vogliono un cambiamento di paradigma. Vogliono una cultura priva di corruzione, non violenta, ricca di dignità, onestà, legalità e ordine, rispetto di sé e parità di condizioni per tutti. Vogliono stravolgere l’intero sistema esistente. Vogliono il cambiamento.

Il cambiamento voluto dal popolo si è manifestato nel Galle Face Green. La gente si è assunta la propria responsabilità di cittadini leali, gettando a mare miti e pregiudizi di razza, religione, partito politico, comunità, casta, classe e genere e unendosi in amicizia e fratellanza come figli della Madre Lanka. L’hanno chiamata “Aadaraye Aragalaya”, la lotta con amore. Si tratta di un potere popolare basato sulla compassione. È la bella rivoluzione.    

Ora sono alla pari dei cittadini moderni di qualsiasi paese avanzato, illuminato e sviluppato del mondo. Ora possono dire con orgoglio che il loro è un Paese come nessun altro, perché hanno creato un modello di rivoluzione che gli altri popoli del mondo possono emulare.

Chryso Pieris SJ

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