Gesuiti
MAGIS
Opera missionaria della Provincia Euro-Mediterranea dei gesuiti
MAGIS Diritti fondamentali A servizio dei poveri
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A servizio dei poveri

Francesca, coordinatrice dei progetti Magis in India, racconta la sua esperienza accanto ai gesuiti indiani, alla luce della seconda delle Preferenze Apostoliche Universali: «Camminare insieme ai poveri, agli esclusi dal mondo, feriti nella propria dignità, in una missione di riconciliazione e di giustizia»

L’India vista da lontano è un tripudio di colori e forme d’altri tempi che rapiscono lo sguardo in uno sbalordimento continuo: l’odore intenso delle spezie, il fascino dei templi, la memoria di una spiritualità vivace e profonda creano le premesse per uno stupore continuo. Tutto intorno affascina e sorprende ma, guardando da vicino, osservando attentamente, ci si accorge che da questi luoghi emerge con gentilezza anche il dolore.

Povertà, miseria ed emarginazione camminano su strade di città e campagna, seguono percorsi propri che talvolta rimangono inascoltati, altre volte non incontrano sollievo, solo la preghiera rimane spesso l’unico conforto.

Sono gli esclusi di cui Sant’Ignazio di Loyola e i suoi compagni si sono fatti carico, quel “popolino misero” che viene flagellato dal sistema sociale rimanendone schiacciato, quel “popolino” che subisce il peso delle ingiustizie, della corruzione, della discriminazione e delle violenze. Sono gli esclusi e gli emarginati, i più poveri del nostro tempo, vivono alle frontiere materiali e intellettuali, nelle periferie e nei tuguri, sono i poveri a cui i gesuiti indiani tendono la mano.

Un percorso arduo e delicato in un paese con forti tendenze verso un estremismo/nazionalismo induista, dove i cristiani rappresentano poco più del 2% della popolazione e i religiosi sono sospettati di indurre conversioni.

La dedizione verso la giustizia e la fede guida l’Apostolato dei gesuiti indiani, l’attenzione agli esclusi si riflette nelle loro azioni quotidiane, l’impegno verso quei poveri che Amartya Sen individua in coloro che sono stati privati delle possibilità di realizzare la propria dimensione umana, coloro che essendo privi delle risorse necessarie per condurre una vita dignitosa, non ricevono alcun riconoscimento personale, sociale né materiale, ma rimangono ai margini del corpo sociale.

La povertà è una forma specifica di disuguaglianza, che incide e condiziona l’orizzonte di vita, il valore e la dignità personale. Nella povertà estrema viene uccisa anche la capacità di aspirare a poter cambiare la propria condizione, secondo la visione dell’antropologo Arjun Appadurai.

La preferenza per i poveri, per coloro che sono discriminati, marginalizzati e oppressi, per chi si trova in condizione di insufficienza, guida l’operato dei gesuiti che Ad maiorem Dei gloriam (Per una gloria di Dio sempre più grande) si protendono in un ascolto riflessivo, che allevia e cura le sofferenze, infonde il coraggio del confronto, ma anche la speranza di una trasformazione sociale, che fornisce gli strumenti per pescare, gettando le reti di una possibile giustizia sociale ed economica.

Da quando cammino a fianco dei gesuiti indiani, mi sono nutrita dei loro enormi sforzi per portare la giustizia a tutti e specialmente ai poveri, agli Adivasi (tribali), popolazioni delle foreste, ai Dalits, gli oppressi, intoccabili che non rientrano neppure nel sistema castale, alle donne sovente dominate dalla volontà maschile, alle minoranze religiose ghettizzate e maltrattate, ai rifugiati che scappano da conflitti interni, ai migranti in cerca di una vita dignitosa, ai bisognosi, trascurati e scherniti.

Come Gesù, anche i gesuiti tendono la mano agli esclusi, agli abusati, ai vulnerabili per condurli nel Regno dei Cieli, in quanto figli prediletti di Dio. I gesuiti cercano un’alternativa inclusiva che affonda le sue radici nell’educazione degli emarginati, pilastro per un riscatto sociale di chi ancora non ha trovato il coraggio di emergere.

Educare un bambino significa educare una nazione e una società “educata” è la base per una società giusta ed evoluta. I gesuiti creano e gestiscono scuole e università garantendo e promuovendo l’accesso agli esclusi, agevolano percorsi differenziati di formazione per chi è rimasto fuori dal sistema educativo, creando così condizioni di emancipazione. I gesuiti camminano a fianco dei più piccoli, dei più indifesi, di coloro che da soli non potrebbero farcela.

I gesuiti creano degli spazi di convivenza umana, piattaforme per aggregare persone con tendenze differenti, per spingerli a diventare soggetti attivi del cambiamento di fronte ai soprusi e alle violazioni dei diritti umani fondamentali. I gesuiti indiani lottano contro le piaghe della società indiana, creano programmi a sostegno dei lavoratori (donne e uomini) sfruttati, maltrattati e schiavizzati e per quei disperati che cercano consolazione nell’alcol e nella droga. Intervengono uniti, come il pugno della mano, nelle situazioni di emergenza, così come è successo per l’alluvione in Kerala nell’agosto del 2018. Promuovono il dialogo tra le genti, tra i popoli e tra le religioni, riflettono insieme e insieme si confrontano sui meccanismi per superare le ingiustizie, lasciando dei canali aperti per quanti condividono e decidono di unirsi alla missione di pace, giustizia e uguaglianza che i gesuiti portano avanti.

P. Sannybhai SJ , Coordinatore nazionale Lok Manch India e referente
JESA-Jesuit Social Action, durante un recente incontro a Roma.

«L’essenza della Chiesa è oggi nella missione al servizio del mondo, nella missione di salvare il mondo nella sua totalità, di salvare la sua storia qui e ora. La Chiesa vive nell’agire in solidarietà con speranza e gioia, con le preoccupazioni e il dolore di uomini e donne. Come Gesù, la Chiesa è stata inviata a dare la buona novella ai poveri, alleviare i cuori mortificati, salvare ciò che si è perso (Lumen Gentium, VII). Il mondo che la Chiesa deve servire è il mondo dei poveri». Così P. Sannybhai SJ mi racconta dell’impegno al servizio degli invisibili.

I gesuiti hanno incorporato nel loro apostolato la prospettiva dei poveri e degli emarginati, li sostengono e li accompagnano nelle battaglie quotidiane, vivono accanto a loro, diventano i compagni dei poveri, poiché i poveri e gli esclusi sono i soggetti del cambiamento, il servizio verso gli ultimi è la loro missione».

P. Sannybhai conclude «Nell’India contemporanea le sfide sono proprie del tempo in cui viviamo, noi siamo chiamati a liberare il popolo come ha fatto Mosè, siamo chiamati a condividere la Buona Novella, come ha fatto Gesù con il suo popolo, siamo chiamati a vivere la nostra vocazione con l’intensità e l’eloquenza dei molti Santi. È una grande sfida ma insieme ce la possiamo fare».

 

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L’articolo è pubblicato sul numero 92 della rivista GMI scaricabile in formato pdf.

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