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MAGIS Notizie “Diario dal Brasile”, Febbraio. Simone Garbero racconta l’arrivo nel Parà
Brasile,

“Diario dal Brasile”, Febbraio. Simone Garbero racconta l’arrivo nel Parà

Simone Garbero, classe 1998, è un volontario della Fondazione Magis partito da Torino alla fine di Gennaio per una missione di sei mesi in Brasile. Simone è accolto e guidato in un percorso di formazione integrale dal Centro Alternativo di Cultura (CAC): è un volontario dell’equipe di lavoro e si sta occupando di comunicazione. La Fondazione MAGIS è presente in quest’area con il progetto “Reti di economia solidale delle donne in Amazzonia” e con il Sostegno a Distanza (SaD).
Come spesso accade, chi va per aiutare, scopre di ricevere più di quanto possa donare e le parole che Simone ha inviato a membri e collaboratori della Fondazione Magis attraverso whatsapp durante il suo primo mese in Brasile racchiudono il senso di un’esperienza che spalanca gli occhi e il cuore.
La potenza dei suoi racconti è tale da averci fatto pensare di condividerla con amici e sostenitori della fondazione Magis. Nella rubrica “Diario dal Brasile” vogliamo mensilmente raccogliere i messaggi che Simone scrive con lo stile del diario quando qualcosa di ciò che vive lo colpisce particolamente.

Il diario dal Brasile. FEBBRAIO

Dal Parà, n.1. Boa Tarde! 🙂 Qui siamo a qualche centinaio di chilometri sotto l’equatore, precisamente sul 1°parallelo sud, dal cielo scende una pioggia torrenziale e non è una novità: è l’acqua che ritma la vita da queste parti. È l’acqua che cade dal cielo, soprattutto in questa stagione di “inverno amazzonico” e si aspetta che spiova, è l’acqua che spesso fuoriesce da fiumi e canali dal grande bacino del Rio, è l’acqua che alimenta il brulicare della vita che in questo angolo della Terra si manifesta con una folla di creature inimmaginabile.
Ecco, sono qui a Bélem nello stato del Parà nella mia stanzetta quasi monacale e tengo aperto un diario colorato delle parole di tante persone care che mi accompagnano durante questo cammino, questa route un po’più lunga delle altre. Come riflettevamo insieme con alcuni dei nuovi compagni di strada che sto conoscendo qui, portiamo sempre con noi le relazioni che abbiamo e in qualche modo un pezzettino di ognuno è qui con me. Farò del mio meglio per curare la condivisione di qualcosina di quello che vivo qui. Dopo aver valutato varie opzioni, alla fine mi sono convinto per la forma del broadcast di Whatsapp.
Dunque per iniziare qualche parola chiave dalla mia prima settimana brasiliana!

Prima parola: DISUGUAGLIANZA. Bélem, grande città da 1 milioni di abitanti + 1 milione nell’area metropolitana, capitale dello Stato brasiliano del Parà, affacciato su di uno dei bracci del Rio delle Amazzoni che sta per entrare nell’Oceano (150km da qui). Una parola di base qui credo sia DISUGUAGLIANZA: nel giro di pochi metri o chilometri ci sono grattacieli residenziali di 30 piani e negozi che assomigliano più ai nostri garage, supermercati di tre piani enormi e fangosi quartieri “abusivi” di baracche di mattoni.

Seconda parola: ACCOGLIENZA. È quello che sto sperimentando ogni giorno, io sono l’unico europeo in circolazione (a parte padre Bruno, gesuita padovano fenomenale che vive in Brasile da 50 anni) e non posso fare altro che essere accolto e ringraziare per i mille modi in cui tutte le persone che incontro lo stanno facendo.

Terza parola TUCANO! Qui non è difficile vederli, sia un parco di recupero animali feriti in città, sia nella foresta appena fuori. Per dire come la natura qui è debordante, sovrabbondante: la foresta, per quel poco che ho visto finora, è ricolma di piante una sopra l’altra e di animali, uccelli soprattutto. Una cosa incredibile per noi abituati ai pure bellissimi boschi alpini.

Ora chiudo perché altrimenti è noioso. A presto!

Uno dei lavori al Centro alternativo de Cultura

Dal Parà, n.2. Donna Maria mostra orgogliosa il detersivo che produce, apre quella che in un’altra vita è stata una bottiglia di Coca-Cola e fa annusare a tutti il profumo del detergente: ha imparato in un corso come mescolare nelle giuste proporzioni gli ingredienti chimici e ora in società con altre due signore produce e vende agli abitanti del quartiere per arrotondare il suo stipendio. Siamo nel quartiere Radional di Belém, una delle tante periferie della città e queste micorimprenditrici sono uno dei gruppi che il Centro alternativo de Cultura supporta nella formazione e nel rinforzo della rete di condivisione e cooperazione tra artigiane: incontri molto ricchi che in questi giorni mi permettono di conoscere molte realtà diverse di periferia.

Qualche pensiero con tre parole:

Prima parola: SHOPI‘. È la versione brasiliana di “Shopping” ed è il nome con cui qui si identificano i mastodontici centri commerciali che caratterizzano alcuni punti del centro di Belém. Benché, è noto, io non sia un amante dei centri commerciali, sono stato a visitarne uno. Totalmente un altro mondo rispetto all’esterno fatto di marciapiedi sconnessi e chioschetti che cercano di andare avanti. All’interno sei piani di negozi eleganti e perfetti, di tutti i marchi di tecnologia e abbigliamento immaginabili. Mi pare di capire sempre di più che ci siano due città parallele: una che si muove (in auto o taxi) tra grattacieli e centri commerciali, l’altra che cerca di tirare avanti tra casette e venditori ambulanti: due città che forse non hanno mai occasione di incontrarsi, se non dal finestrino.

Seconda parola: ATTESA. Qui il ritmo di vita è proprio diverso da quello che ho sempre sperimentato. Se piove, si aspetta che smetta, se bisogna attraversare un fiume, si aspetta il traghetto in generale non c’è mai fretta e quello che succederà il giorno dopo… si vedrà. Con calma.

Terza parola: OMELETTE. Una cosa che mi diverte molto sono le parole: parole simili tra italiano e portoghese, usi diversi di parole uguali, parole derivate eccetera. Molto bella quella dell’omelette: non ti aspettare quel delicato dischetto di uovo molto francese piegato con un ripieno, troverai in tavola una frittata di carne enorme che ti basta per andare avanti una giornata intera!

L’oceano

Dal Parà, n.3. L’oceano! Arriva finalmente dopo aver percorso tutta una lunghissima spiaggia di sabbia bianca e finissima. L’acqua è calda e bassa, scura perché il limite tra l’oceano e la grande foce del bacino del Rio delle Amazzoni è molto arbitrario, sabbia e mare sembrano un tutt’uno visti da lontano. Ma questo non è quella piscinetta del nostro amato Mediterraneo: bisogna stare attenti perché qui l’acqua si muove e tra bassa e alta marea in alcuni punti ci sono diversi metri di differenza! Quindi occhio perché quando il mare arriva ad accarezzare l’infradito (immancabile in Brasile) lasciata come segnale è ora di tornare indietro per evitare di farsi a nuoto tutto quello che si è percorso a piedi!
Ecco qualche pensiero di due settimane molto ricche tra parchi, un pochino di carnevale, gita a vedere l’Oceano e quotidiane nuove scoperte e persone sagge da ascoltare.

Prima parola: MISTICA. Ogni attività qui al Centro alternativo de Cultura, il mio principale luogo di attività, inizia sempre con un momento che viene chiamato di “mistica”: uno spazio per ascoltare, condividere, ricevere stimoli, coltivare l’anima, danzare anche, a seconda della proposta di chi lo guida. In molti luoghi qui si sente questo elemento mistico, uno spazio lasciato per quello che va oltre e che prende mille nomi diversi, con mille devozioni, culti e religioni, ma in ogni caso è qualcosa che c’è. Ecco, mi viene da pensare quanto a volte nel nostro mondo “occidentale” lo spazio per il mistico sia decisamente tagliato, mi viene da dire pure in ambiti religiosi.

Seconda parola: AMBIENTE. È chiaro che se si parla di Amazzonia si parla prima o poi di relazione tra uomo e ambiente: poco a poco imparo cose nuove in questo campo. Una cosa inizia ad essermi abbastanza chiara: qui la vita delle piccole comunità rurali e dell’ambiente in cui sono immersi è legata a doppio filo. Di base il concetto è che qui non si riesce a coltivare quasi nulla per la pioggia molto forte e la terra molto ferrosa, se non alberi che si trovano nella foresta. Se hai fame vai nel tuo giardino o direttamente nella foresta e raccogli dei frutti oppure scendi in un fiume che di sicuro hai davanti a casa e peschi. Va da sé che questa vita può esistere finché il fiume e la foresta sono preservate. Di qui l’impegno di molte comunità per la tutela dell’ambiente in cui vivono.

Terza parola: ACQUA. Già ne ho parlato e ancora ne parlerò, ma ora il punto è che qui di acqua ce n’è dappertutto, nel fiume, nei canali, nel cielo, sotto terra, il punto è che la maggior parte non è buona da bere. A Belém l’acquedotto per oltre 1 milione di abitanti è una sfida: i luoghi in cui affiorano fonti d’acqua sono quasi sacri e infatti intorno c’è sempre un parco naturale per proteggerle, anche nel cuore della città. È nel più grande di questi, il parco di Utinga, quasi nel cuore dell’area metropolitana che ho visto le scimmie che vedete nella foto. In ogni caso la gente non beve comunque l’acqua dell’acquedotto, ma usa depuratori o bottiglioni di acqua potabile.

Scimmiette nel parco di Utinga, area metrolpolitana

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