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MAGIS Diritti fondamentali L’altro lato del lockdown
India,

L’altro lato del lockdown

Da qualche giorno anche l’India è in lockdown. Sono state chiuse tutte le attività ed imposto il divieto di uscire se non per l’acquisto dei beni di prima necessità. Alla popolazione viene richiesto il “distanziamento sociale” e di rispettare le norme igieniche per prevenire la diffusione del Covid-19.

Per circa trecento milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà queste misure non sono applicabili. Negli slums, negli assembramenti temporanei, in stanze o capannoni sovraffollati, dove lo spazio abitabile è insufficiente e le persone vivono ammassate, dove l’accesso all’acqua ed a servizi igienico-sanitari sono inadeguati, come ci si può attendere il rispetto dello distanziamento fisico?

La chiusura delle attività ha colpito duramente i lavoratori a giornata, migranti economici interni che appartengono ai gruppi più emarginati e vulnerabili della società; uomini invisibili di un sistema che non ha mai pensato a loro, ora più che mai con la sospensione delle attività. Sono tutti lavoratori in nero, senza garanzie e senza diritti, non hanno un regolare contratto e per questo non posso neanche provare il loro status. Rimasti senza lavoro, senza un salario che gli permetteva di sopravvivere, senza più un luogo in cui abitare perché sfrattati dai proprietari o dai luoghi di lavoro in cui vivevano, si sono ritrovati per strada soggetti a molestie ed umiliazioni.

Senza soldi non riescono a sfamare la famiglia, che spesso è con loro, non riescono a trovare un riparo per la notte e nemmeno a tornare nei villaggi da dove provengono perché tutti i trasporti sono stati bloccati. Sono soggetti fragili la cui salute è già messa gravemente a rischio perché molti di loro soffrono di malnutrizione, tubercolosi ed altre malattie.

Il governo ha adottato dei provvedimenti sociali per tutelare i poveri ed i più vulnerabili, ma i lavoratori migranti non rientrano tra queste categorie perché non possiedono nessun documento d’identità o di residenza nella città in cui lavorano. Per questo, molti stanno cercando di tornare nei propri villaggi ma in assenza di mezzi di trasporto stanno marciano a piedi, diretti verso villaggi distanti oltre 200-300 km. Sono uomini soli, donne, anziani, famiglie con figli anche piccoli che vengono trasportati sulle spalle, con un sacco di stoffa sulla testa che raccoglie le poche cose di proprietà, senza acqua né cibo. Sono determinati a camminare giorni per poter tornare a casa.

A piedi, ai bordi delle strade una processione umana di uomini donne e bambini che ai confini fra Stati aspettano i controlli della polizia e si mettono in fila per passare, nella speranza che la fame non li uccida prima del coronavirus.

In questa situazione, le organizzazioni che appartengono alla rete Lok Manch, cercano di supportare le comunità ed i gruppi più vulnerabili che rimangono nella città o che vivono nelle zone rurali, attraverso campagne informative e di sensibilizzazione sulle misure preventive da adottare per evitare il contagio e la diffusione del coronavirus.

Puoi sostenere questo impegno della Lok Manch con una donazione

 

@foto di Amit Dave di Reuters

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