Oltre all’impegno di Ajan (African Jesuit Aids Network) per diffondere best practices e sostenere le persone malate, si stanno sviluppando sul territorio programmi ad hoc. Tra questi progetti, va annoverato quello del Centro Sociale Arrupe di Andranovelona, in Madagascar (sostenuto dal Magis). Questo centro, nato per diffondere misure di prevenzione dell’Hiv e rendere più semplice l’accesso alle cure, si è impegnato in un’azione di stabilizzazione della diffusione dell’’Aids. Creato anni fa in un’area in cui sono presenti i gesuiti, non solo si occupa delle cure mediche ai malati, ma è il punto di riferimento del progetto «azione cristiana per la lotta all’Aids» per le 26 parrocchie della zona. In questa struttura, in collaborazione con l’associazione dei medici cattolici, verranno effettuati screening non solo per i malati di Hiv, ma anche per coloro che soffrono di patologie veneree. E, in particolare sulle persone più vulnerabili: donne incinte, tubercolotici, giovani, poveri, ecc.

Dove

Andranovelona, Madagascar

Periodo e stato del progetto

— Concluso

Destinatari

I malati più poveri e vulnerabili della zona di Andranovelona, in Madagascar

Contributo

Contesto

Se dal 2013, l’attenzione delle organizzazioni internazionali che operano in campo sanitario e dei media si è concentrata principalmente sull’emergenza ebola, la pandemia di Aids non si è arrestata. L’Hiv è un nemico silenzioso che continua a colpire il continente. A confermarlo sono le statistiche fornite da Unaids (l’agenzia Onu che si occupa della pandemia). A livello mondiale, all’inizio del 2015 (ultimi dati disponibili), 37 milioni di persone vivevano con il virus. La maggior parte di esse, 25,8 milioni di persone, il 70% del totale, viveva in Africa. La dinamica dell’epidemia è inoltre in crescita malati considerato che nel 2014 si sono registrate 1,4 milioni nuove infezioni.

In Madagascar, le successive crisi politiche vissute hanno portato le autorità a trascurare i problemi sanitari e, nello specifico, quelli legati al virus. Ciò ha fatto sì che l’epidemia riprendesse e colpisse soprattutto le popolazioni più povere ed emarginate. Oggi le persone infettate sono circa 40mila e ogni anno muoiono a causa del virus circa tremila persone.


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