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Movimenti non violenti ispirati dai gesuiti

I movimenti sociali hanno costituito l’asse centrale della liberazione integrale degli indigeni tribali nelle Province dell’India centrale. I gesuiti Savari Muthu, Dharamsheel Kujur e Cyprian Ekka, delle Province di Hazaribag il primo e di quella di Ranchi gli altri due, hanno ispirato e guidato per primi la resistenza non violenta degli indigeni contro il Field Firing Range Project (Progetto dei Poligoni di tiro) del governo indiano sulle colline di Netarhat.

Il governo, su richiesta dell’esercito, annunciò che avrebbe comprato circa 1.471 km2 di terreni boschivi, cosa che avrebbe implicato la migrazione obbligata e, quindi, l’abbandono delle proprie case e delle proprie terre, di 252.853 persone dei 245 villaggi delle colline di Netarhat. Le tribù della zona avevano già sofferto per le morti e le perdite dei raccolti negli ultimi trent’anni a causa degli esercizi di tiro abituali durante l’estate: non volevano più soffrire a causa del nuovo progetto. Perciò, i gesuiti, insieme ai leader locali dei villaggi, spinsero gli interessati a sollevare una forte protesta non violenta contro il progetto.

Il 23 marzo 1994, quando i corazzati dell’esercito arrivarono per le esercitazioni di tiro, un migliaio di abitanti dei villaggi interessati organizzarono un sit-in per impedirne l’accesso, obbligando l’esercito a ritirarsi. I gesuiti sono ancora oggi implicati nella gestione strategica e nella creazione di una coscienza tra gli indigeni contro qualsiasi migrazione forzosa. La vittoria popolare sul potente esercito indiano si trasformò in una spettacolare strategia di protesta non violenta nello stato e nel Paese.

Il secondo movimento popolare di successo ebbe come obiettivo un progetto idroelettrico nel distretto di Gumla, nella Provincia di Ranchi. Il movimento ebbe inizio grazie al Dipartimento di Ricerca dello Xavier Institute of Social Services (XISS, Istituto Saverio di Servizi Sociali), una delle scuole di economia più importanti dello stato e del Paese, e i cui leader gesuiti erano Michael Van den Bogaert, Christopher Lakra e Alexius Ekka. Già dal 1980, il governo dell’India avrebbe voluto dare il via a un progetto idroelettrico nella confluenza dei fiumi Koel e Karo che avrebbe potuto generare 710 MW, ma avrebbe obbligato alla migrazione di 51.312 indigeni da 167 villaggi.

Nel 1984, l’istituto organizzò un seminario nazionale sulla fattibilità di grandi dighe; in quell’occasione, le persone coinvolte nel progetto Koel Karo dichiararono che non era stata prevista nessuna politica di reinsediamento e di ricollocazione (R&R), nonostante il progetto idroelettrico stesse avanzando. Il direttore dello XISS ed i leader del movimento Koel Karo presentarono un ricorso al Tribunale Supremo, protestando contro questo stato di cose. Con il suo verdetto, il Tribunale Supremo sospese lo sviluppo del progetto, fino a quando non si fosse stabilita una politica di reinsediamento e ricollocazione. Questa sentenza rappresentò una vittoria virtuale per gli indigeni, che continuarono con le proteste, ottenendo che l’impopolare progetto idroelettrico venisse cancellato dal governo nel 2010.

Il terzo caso di movimento popolare, ispirato dai gesuiti, ebbe luogo nella Provincia di Dumka Raiganj, sotto la leadership dei gesuiti Tom Kavalakatt e PA Chacko. Il governo del Jharkhand comprò 31 km2 di terra a Pachwara, nel distretto di Pakur, per conto della Panem Coal Limited, la cui sede si trova a Calcutta, con l’intenzione di fornire il carbone necessario a una centrale termica del Punjab. Quest’attuazione del governo era contraria al paragrafo 5 della Costituzione dell’India e del Santal Parganas Tenancy Act del 1949. Con l’aiuto dei gesuiti, le persone colpite presentarono un ricorso presso il Tribunale Supremo contro la sentenza sfavorevole dell’Alta Corte. L’azienda Panem, però, raggiunse un accordo per mezzo del quale s’impegnava a favorire il reinsediamento e la ricollocazione delle persone interessate in cambio dei 112.735 acri di terra che aveva acquistato per lo sfruttamento carbonifero.

Era il 2007, ma l’azienda non onorò nessuno degli impegni presi e, quando la gente pretese che mantenesse fede agli accordi e che fossero pagati gli aiuti cui avevano diritto, l’azienda, in combutta con l’amministrazione del governo, scatenò un regime del terrore durante il quale, nel 2011, fu assassinata una dinamica attivista sociale, Walsa John (SCJM, Sorella della Carità di Gesù e Maria). Questa tracotanza non intimidì gli indigeni che continuarono a esigere giustizia e ancora lo fanno, con l’appoggio dei gesuiti e di altri religiosi della regione. Coordinati dal Segretariato dei Jesuits in Social Action (JESA, Gesuiti per l’Azione Sociale), i gesuiti delle Province dell’India centrale hanno mantenuto viva la missione a favore della giustizia fra le tribù indigene per mezzo dell’azione sociale. La missione per la giustizia è intrinseca a tutti i ministeri di queste Province, così come in tutta l’Assistenza dell’Asia Meridionale di cui è responsabile la Compagnia di Gesù.

Articolo a cura di padre Alexius Ekka, SJ della Provincia di Ranchi, tratto dall’annuario 2020 della Compagnia di Gesù https://bit.ly/3eZs014

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