Il Bacino del fiume Congo, il secondo polmone verde del pianeta dopo l’Amazzonia, è minacciato da deforestazione, inquinamento e sfruttamento intensivo e illegale delle risorse naturali. Il Congo è un fiume dell’Africa equatoriale – lungo 4374 km – che scorre quasi interamente nel territorio della Repubblica democratica del Congo e alimenta un imponente ecosistema forestale con innumerevoli specie vegetali e animali. Vi fanno parte i parchi nazionali di Salonga e Virunga che, nonostante siano tutelati dall’Unesco, sono oggetto di sfruttamento abusivo connesso alle trivellazioni petrolifere.

La prima soluzione sostenibile a questo flagello deve venire dalle popolazioni locali, che devono prendere coscienza dei loro diritti (sensibilizzazione), e dalla Chiesa, che è chiamata ad assumere con maggior vigore il suo ruolo di difesa dei poveri, spesso schiacciati dal potere economico.

Tuttavia, oltre alla incessante deforestazione – dovuta anche al modo di vivere delle popolazioni locali – che i leader politici hanno il dovere di contrastare adottando alternative adeguate e sostenibili, in Congo è diffusa l’estrazione mineraria illegale e irresponsabile. Occorre sensibilizzare le autorità congolesi affinché si assumano le loro responsabilità e modifichino le leggi della Repubblica Democratica del Congo in campo minerario.

Dove

Inongo, Repubblica Democratica del Congo

Periodo

Destinatari

Le popolazioni che vivono nel territorio della Diocesi di Igongo

Contributo

Donatori privati

Contesto

In attesa di un Sinodo sul Congo, durante il Sinodo per l'Amazzonia si è tracciato un parallelo tra la situazione dell’Amazzonia e quella del Bacino del Congo, sia in termini ecclesiali sia riguardo alla minaccia di estinzione delle sue popolazioni “a causa di una depredazione irresponsabile”. “L’Amazzonia somiglia moltissimo al bacino del Congo”, ha esordito il card. Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo durante il briefing in Sala stampa vaticana sul Sinodo per l’Amazzonia: “Abbiamo tutti una responsabilità per la nostra casa comune che sta bruciando, e nessuno può dire: ‘io non c’entro’. L’inazione vuol dire collaborazione col pericolo”. “Alcuni hanno più responsabilità di altri”, ha fatto notare Besungu sottolineando “la responsabilità dei Paesi occidentali”, in particolare “nel progetto di sfruttamento delle risorse naturali e delle foreste da parte delle compagnie minerarie”. La risposta della Chiesa è la realizzazione della Rete ecclesiale della foresta del Bacino del Congo (Rebac), nata sul modello della Rete ecclesiale Panamazzonica (Repam) per un lavoro congiunto che superi le frontiere nazionali e guardi all'insieme della foresta equatoriale superando i confini della Repubblica Democratica del Congo.


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